WOJTYLA, IL PAPA DEI GIOVANI
1.
di Roberto Fiordi
Allo scalo aereo di Fiumicino il 15 luglio 1984 atterra il Dc 10 Alitalia e dalla scaletta scende un uomo dal volto ombroso e con lo sguardo attento a dove mettere i piedi. Apparentemente non sembra preoccupato. Porta indosso una giacca e degli enormi occhiali scuri sul naso. Tiene gli avambracci nascosti dentro un poncho di provenienza latinoamericana. L’uomo è retto per le braccia da due agenti in borghese e l’aeroporto è sorvegliato da squadre speciali. Un soggetto non del tutto sconosciuto. Si tratta di Tommaso Buscetta, detto anche Don Masino: il boss dei due mondi. Agrigentino di nascita e ritenuto il primo “superpentito” di Cosa Nostra, era stato catturato e arrestato in Brasile, dopo anni di latitanza, il 23 ottobre dell’anno precedente e adesso era stato estradato in Italia per collaborare con la giustizia.
A questo evento immediatamente il giorno successivo ne seguì un altro straordinario: nei monti delle Alpi Retiche meridionali atterrò un elicottero che trasportava due importanti Capi.
Era il 16 luglio del 1984 e un magnifico sole si specchiava sul manto nevoso di Adamello, dove uno dei due Capi fu lesto a mettersi in muta blu e occhiali da sole per poi solcarlo con un paio di sci sotto i piedi e dare spazio alle proprie doti da sciatore, pur non essendo né un maestro di sci e tanto meno un professionista. L’altro, invece, se ne stava fermo a esalare boccate di tabacco dalla sua affezionata pipa, mentre con il cannocchiale seguiva gli slalom dell’amico in pienissima forma. Al suo ritorno si complimentò: <<… lei è un vero maestro, scia come una rondine.>>
<< Qualcuno griderà allo scandalo per questa nostra giornata >> replicò lo sciatore accaldato ma felice, << in quanto >> proseguì a dire, << mai in passato si è verificato nulla di simile nei rapporti fra Stato e Chiesa. Ma non c’è scandalo quando si fa qualcosa in nome dell’amicizia e di valori autenticamente umani. >>
Proprio così, la Santa Sede e il Quirinale avevano sancito una sincera amicizia che si consolidava nei medesimi principi di umanità, nonostante uno fosse ateo e l’altro il massimo esponente del clero. Stiamo parlando di Sandro Pertini e papa Wojtyla nelle vesti di Giovanni Paolo II.
Era una gita che in gran segreto le due prestigiose personalità avevano organizzato, proprio in nome di un’amicizia stretta già sei anni prima: qualche giorno dopo l’elezione di Wojtyla al Soglio Pontificio, quando questi invitò il Capo dello Stato a colazione da lui e immediatamente ci fu sintonia fra i due. La congiuntura dei loro discorsi era la madre del Presidente della Repubblica: donna molto credente e attaccatissima alla Chiesa.
L’attaccamento ai giovani era un altro ponte di congiuntura fra le due autorità. L’amore di Giovanni Paolo II verso le nuove generazioni era un amore del tutto incondizionato. Nelle nuove leve della vita vedeva l’avvenire e la speranza della Chiesa. Amava i giovani appassionatamente e li cercava. E il suo richiamo non era fine a sé stesso: il suo carisma, il suo sorriso, volevano dire eserciti di ragazzi al suo cospetto in Piazza San Pietro. Ed era stato proprio in Piazza San Pietro che a seguito della prima preghiera all’Angelus, il 22 ottobre 1978, manifestò ai giovani il desiderio di loro, di credere in essi.
<< Voi siete l’avvenire del mondo >> enunciò con il cuore in mano, << la speranza della Chiesa. Voi siete la mia speranza. >>
Sulle orme di questo messaggio, il Santo Padre, promosse uno spazio da riservare ai giovani all’interno della Chiesa e si adoperò dunque al fine di fondare quella che conosciamo con il nome di: Giornata mondiale della gioventù, che è un incontro internazionale di spiritualità dei giovani cattolici, calendarizzato anno per anno.
Karol Josef Wojtyla è il Papa della pace, ma anche l’uomo dei due mondi, essendo di provenienza polacca, quando la Repubblica Popolare di Polonia (così conosciuta dal 1945 al 1989) era ancora sotto il dominio comunista sovietico; quando, cioè, l’Est e l’Ovest erano due mondi a sé.
Nativo di Wadowice, una città distante poco meno di cinquanta chilometri da Cracovia, dove ha soggiornato per studiare, lavorare e servire Dio, sin dagli albori del suo pontificato si è adoperato energicamente con azioni politico-diplomatiche per combattere il comunismo bolscevico russo di quello chiamato Partito Comunista dell’Unione Sovietica, che conosceva molto bene. È intervenuto spesso nei confronti di esponenti del clero che manifestavano avvicinamenti a politici di area marxista.
Prima che diventasse papa, Karol è stato uomo… Un impavido uomo che ha conosciuto la sofferenza, e in nome di Dio ha saputo soffrire, accettare e con un grande cuore saldo ritirarsi sempre su e guardare avanti. Giovanissimo restò orfano di madre. Poco dopo gli morì anche il fratello Edmund. Ancora giovane perse pure il padre. In piena guerra, durante l’occupazione tedesca in Polonia, fece gli studi clandestini in seminario e per non essere deportato dai tedeschi si mise a lavorare nelle cave di pietra vicino a Cracovia. Appassionato di teatro s’iscrisse allo “Studio 38”, un circolo teatrale e fu attore con quella compagnia di amici.
Ci sono inoltre inediti che svelerebbero che chi poi è salito al Soglio Pontificio avrebbe avuto anche qualche scheletro nell’armadio. Sulla biografia di Wojtyla si è sempre calata l’ombra, ma ci sono rivelazioni che attestano di una relazione tra Karol e una certa Anna Teresa Tymienieck iniziata nel 1972 quando lei (filosofa) aveva quarantatré anni e lui era cardinale (notizie da divagações ligeiras por Thynus, em 11.03.13).
La fumata bianca dal comignolo della Sistina si era levata il giorno 16 ottobre 1978, dopo l’ottavo scrutinio e alle 18,45 il cardinale protodiacono, Pericle Felici, aveva annunciato: << Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Carolum, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Wojtyła qui sibi nomen imposuit Ioannis Paul. >>
Dal finestrone di Piazza San Pietro si affacciò un timido volto che bastò scandire poche parole in un arrangiato italiano da restare immediatamente simpatico: << Non so se potrei bene spiegarmi nella vostra… nostra lingua italiana. Se mi sbaglio, mi corigerete. >>
La sua elezione al Pontificato succedette quella di Papa Luciani, il Papa del sorriso, morto in circostanze misteriose nella notte (da fonti Vaticane) fra il 28 e il 29 settembre del 1978: si addormentò e senza alcuna analisi medica sappiamo che da quel sonno terreno non si è più risvegliato. A seguito del suo decesso fu posto il veto su analizzare il corpo di papi deceduti, una cosa alquanto strana se consideriamo che in precedenza il diritto canonico non lo prevedeva.
C’è dunque la presunzione, da parte dell’opinione pubblica, che Luciani sia caduto vittima di un complotto a sfondo politico. A imbracciare tali supposizioni sono stati anche i mass midia a conoscenza del fatto che il povero Luciani, fin dai primi giorni del suo pontificato, aveva fatto scuotere la Santa Sede sostenendo un necessario ritorno alle sane origini della fede da parte della Chiesa. Chiedeva un impoverimento evangelico, con la necessità di revisionare la banca vaticana (lo I.O.R.), i suoi amministratori e l’influenza della stessa sui mercati finanziari mondiali.
Circa due anni e otto mesi dopo questo episodio, fu lo stesso Karol Josef Wojtyla a restare vittima di un attentato da parte di un poco più che ventenne turco, Mehemet Alì Agca, che gli inflisse due colpi di pistola nel torace mentre stava passando fra i fedeli a bordo della sua Papamobile.
<<Gesù mio. Maria, madre mia.>> Erano le parole che Giovanni Paolo II sospirava ininterrottamente in polacco durante il trasporto in ambulanza al Policlinico Gemelli di Roma, dove subirà un delicatissimo intervento durato circa sei ore. È quanto racconta il medico personale del papa: il professor Rodolfo Proietti.
I motivi del folle gesto continuano ancora oggi a essere avvolti nel mistero. L’attentatore dal carcere non ha mai svelato testimonianze certe. Ci domandiamo se a premere quel grilletto per mano del killer professionista turco sia stata Mosca, la massoneria vaticana, l’Occidente, la criminalità organizzata, o qualsiasi altra cosa, dal momento che questo papa poteva essere stato ritenuto una minaccia; ma ci possiamo anche chiedere che se almeno uno di quei due colpi inferti avesse avuto l’esito sperato da chi ha sparato, o dai suoi mandanti qualora ci fossero stati, quali sarebbero potute essere le sorti del mondo odierno?
È chiaro che Papa Giovanni Paolo II è stato uno dei personaggi più influenti nella storia del ventesimo secolo. È stato un attivista nel crollo del realsocialismo dell’URSS, quindi della caduta del Muro di Berlino, nell’avvicinamento dell’Oriente all’Occidente. Ha stigmatizzato il capitalismo e il consumismo, l’aborto, l’eutanasia, il divorzio.
Un pontificato durato ventisei anni e mezzo circa, il terzo più lungo della storia, si è spento precisamente un decennio fa.
Giovanni Paolo II è stato un papa dalle grandi omelie e dei grandi discorsi. Ha esaltato il valore della vita e condannato l’industria delle armi, i suoi funzionari e pure tutte le persone che hanno commesso omicidi. <<Dio ha detto una volta: -Non uccidere.- Non può uomo qualsiasi, qualsiasi agglomerazione, mafia, non può cambiare, calpestare questo diritto di Dio.>>
Gli ultimi giorni della sua vita sono stati con apparizioni in pubblico sempre più sporadiche dovute alle sue sempre più precarie condizioni di salute. Tuttavia il Santo Padre continuava a non arrendersi e a lottare con tutte le forze che gli erano rimaste. Affrontava le proprie vicende personali confrontandosi con le sue malattie. La folla in Piazza San Pietro lo accompagnava con audace costanza in ogni attimo finale, fra lacrime, preghiere e canti.
Il 2 aprile del 2005 il bollettino medico definisce le sue condizioni sempre più gravi; ma la mattina stessa, prima dell’aggravarsi delle sue condizioni, alla notizia che la folla era piena di giovani, il suo ultimo pensiero per loro è stato: <<Vi ho cercato. Adesso voi siete venuti da me. E di questo vi ringrazio.>>
La folla di fedeli è sempre più immensa, radunata a pregare e a raccogliere via via le notizie sul suo conto.
Durante il pomeriggio, intorno alle 15:30, il Santo Padre sospira una frase che farà poi il giro del mondo: <<Lasciatemi andare dal Signore.>> Aveva capito che era arrivato alla fine.
Intorno alle 19:00 entra in coma.
È sera e le persone sono assorte in preghiera, in attesa dell’annuncio che arriverà per bocca del portavoce vaticano Joaquin Navarro-Vals: <<Carissimi fratelli e sorelle, alle 21:37, il nostro amatissimo Santo Padre: Giovanni Paolo II, è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui.>>
Da casa molti ascolti televisivi sono sintonizzati su Porta a Porta condotto da Bruno Vespa, il quale, commosso, riferirà la notizia del suo decesso.
Da quella sera 2 aprile fino all’8, il giorno delle esequie del Santo Padre, sono accorsi a Città del Vaticano oltre tre milioni di pellegrini da tutto il mondo: cattolici e non, per rendere omaggio alla salma del pontefice.
Ai suoi funerali hanno partecipato anche molti capi di stato e di governo, oltre ai rappresentanti di tutte le religioni.
È stato stimato che la cerimonia sia stata seguita da un numero immenso di persone: si contano più di duemila tramite i maxischermi che andavano a sommarsi alle oltre 2500 che affollavano la piazza.
Fra gli applausi e le grida: <<Santo subito>> Giovanni Paolo II fu sepolto nelle Grotte Vaticane, sotto la basilica, nella nicchia in precedenza occupata da papa Giovanni XXIII (il Papa buono), i cui resti erano stati spostati nel corpo principale della basilica.
- Titolo e immagine fonte Zest.today