SANDRO PERTINI, UN UOMO, UNA DIGNITÀ

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di Roberto Fiordi 

 

Erano i tempi in cui il segnale etere delle nostre televisioni non aveva una risoluzione tanto nitida quanto può averla adesso ed erano trascorsi solo cinque anni da quando la TV italiana aveva rivoluzionato il proprio sistema di trasmissione introducendo il colore, quando tutte famiglie, quella sera, avevano il loro televisore sintonizzato su un’unica rete: RETE 2 (RaiDue oggi).
Era l’11 luglio 1982 e lo Stadio Santiago Bernabéu di Madrid ospitava la finale per il Campionato Mondiale di calcio fra Italia e Germania Ovest. Lo stadio era gremito di tifosi, quando il centrocampista azzurro, Marco Tardelli, segna il secondo gol della sua Nazionale e fugge per il campo a braccia larghe, inseguito dai suoi compagni, strepitando con tutto il fiato che aveva in gola quella parola e dando sfogo a una calorosa quanto spettacolare esultanza, tanto grande da restare tutt’oggi impressa nelle nostre TV e ancora di più nelle menti di chiunque abbia visto la partita.

All’entusiasmo del ventottenne giocatore bianconero si unirono quello dei tifosi azzurri e quello di un piccolo ma gigante ed elegante uomo che ha fatto la nostra storia: Alessandro Pertini.  Un uomo, una dignità…

Originario di Savona, sin da giovane si è mostrato un uomo maturo, fermo e rigoroso nei propri ideali di giustizia, di democrazia e di libertà, a fronte di una dittatura severa e antidemocratica, arrivando a mettere in gioco la propria esistenza e affrontando duri anni della sua vita, fra carcere e domicilio coatto, senza mai aver chinato la testa.

Un giovane uomo maturo che di fronte all’intolleranza governativa di quei tempi non ha mai voluto dare nessun segno di debolezza, tanto che si è addirittura dissociato dalla richiesta di grazia avanzata dalla madre nonostante le precarie condizioni di salute dovute alla reclusione. Anzi, restò un’azione materna che il recluso Sandro Pertini sdegnò con toni risoluti nei confronti della madre stessa che aveva abdicato alla promessa di non intervenire; e dal carcere di Pianosa il 23 Febbraio del 1933 scrisse due lettere, la prima proprio a sua madre che diceva:

Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato, che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda[…]…  perché hai voluto offendere la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre amato tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con anima lieta ho accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportate la prigione. E’ l’unica cosa di veramente grande e puro, che io porti in me […] …E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà […] …E adesso non posso più pensarti, come sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre.[…]  Per questo mio reciso rifiuto la tua domanda sarà respinta. Ed adesso non mi rimane che chiudermi in questo amore, che porto alla mia fede e vivere di esso. Lo sento più forte di me, dopo questo tuo atto.

E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte fino ad aggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai fatto. Solo così riparata sarà l’offesa, che è stata recata alla mia fede ed il mio spirito ritroverà finalmente la sua pace. Ti bacio tuo Sandro.

La seconda la scrisse al Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato, dissociandosi da tale richiesta:

“La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più di ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme.

Il recluso politico Sandro Pertini”.

Pertini fu uno dei pochi italiani che non si è mai piegato a quello che può essere detto “compromesso”: ma che poi nella realtà dei fatti si trattava di accettare in modo passivo, sennonché di doversi inginocchiare, dinanzi a quanto veniva dall’alto delle istituzioni.

Un uomo, una dignità…

“Da noi deve partire l’esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l’esempio di onestà e di rettitudine. Perché il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti. Non dimentichiamo, Onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà”.

E quanto ancora oggi sono vere queste parole pronunciate in Parlamento da quello che dal 1978 al 1985 ha ricoperto la carica di Presidente della Repubblica italiana: Sandro Pertini. Un uomo, una dignità…

Gli anni erano quelli d’oro, e d’oro lo erano anche per la Disco music e per le discoteche che nascevano come funghi nelle città. Per le stravaganze sui costumi e sulle capigliature dei giovani. Nell’uso sfrenato delle droghe, e il sesso occasionale non era più un tabù. Insomma era cambiato il modo di vivere. La società si era mutata. Nel bene o nel male si era modernizzata. La trasformazione sociale era legata pure, e soprattutto, alla situazione economica nazionale.

Il lavoro girava bene in buona parte dell’Italia. Le persone si arricchivano sempre di più grazie al loro impegno lavorativo: arrivando persino a fare orari impensabili, e grazie anche al sacrificio di saper mettere da parte i loro guadagni. Tutto questo aveva permesso a molte famiglie di comprare casa, la prima macchina, poi anche la seconda; quindi di sostituire il televisore vecchio con quello a colori. Di avere dunque due televisori a colori: uno in una stanza, con i genitori a guardare Tribuna Politica o Superflash di Mike Buongiorno, e l’altro in un’altra con i figli armati di console Atari a giocare a PONG.

Se questa era una faccia dell’Italia, l’altra era quella delle stragi ad opera del terrorismo: un terrorismo eversivo, politico e mafioso.

Insomma, agli “Anni Ruggenti” dell’Italia e del Gruppo Italiano, si contrapposero quelli di piombo. Anni duri in cui si attuarono gli estremismi politici, riassumibili in violenze di piazza e terrorismo che hanno fatto tante vittime. Un vero e proprio stato d’assedio, un po’ come “ We need protection” dei Picnic at the Withehouse.

Gli autorevoli principi di giustizia e lealtà, hanno portato Pertini a essere un uomo intransigente contro il terrorismo e qualsiasi forma di criminalità organizzata e di violenza libera. Ma ancora di più, l’allora Presidente della Repubblica, è ricordato, e non solo dagli italiani, per la sua vicinanza ai cittadini, ai più bisognosi e al dolore delle famiglie.

Un esemplare esempio della propria umanità lo dette anche in quel venerdì 12 giugno del 1981, quando erano circa le 16.30 e il Capo dello Stato si recò a Vermicino, vicino Roma, e chiese di voler sentire la voce del piccolo Alfredino imprigionato già da 46 ore nel pozzo artesiano. Ore che avevano tenuto l’intera Nazione col fiato sospeso e che purtroppo l’epilogo di quell’esperienza si concluse tragicamente con la morte del piccolo Rampi.

Pertini è stato il Presidente di tutti, il più amato da tutti, e la sua vita si spense il 24 febbraio del 1990 all’età di novantaquattro anni. Chissà se la storia della Repubblica avrà modo di rimpiangere un altro Presidente come lui.


  1. Titolo e immagine fonte Zest.today