Riparte la storia per l’ex presidente della Popolare di Vicenza Gianni Zonin dopo il crac della banca. Il tribunale revoca le donazioni a moglie e figli
Drastica situazione per l’ex presidente della Popolare di Vicenza dopo la sentenza emessa dal tribunale di Vicenza che accoglie la richiesta degli investitori e revoca le donazioni immobiliari che lo stesso Gianni Zonin aveva fatto nel 2015 a favore della moglie e dei figli, subito dopo essersi dimesso dal consiglio di amministrazione dell’istituto veneto quando già la banca navigava in cattive acque.
Per il tribunale di Vicenza non si sarebbe trattato di un normale trasferimento da padre a figlio del patrimonio, ed è per questo che ha annullato tutti gli atti con i quali l’ex re della Banca Popolare di Vicenza, contribuì a una serie di donazioni ai parenti più stretti. Ha così accolto le istanze presentate dalla Banca e lo ha fatto con due sentenze: con una sono stati dichiarati nulli i trasferimenti di alcuni immobili per un valore che ammonta a circa un milione, con l’altra è diventata inefficace la cessione alla moglie di una quota della società che detiene la dimora storica della famiglia in provincia di Grosseto.
Con il caso Zonin, in qualità di patron della Popolare di Vicenza, si parla di prestiti irregolari per centinaia di milioni, bilanci aggiustati per nascondere il disperdersi di denaro, tutte perdite a scapito di migliaia di risparmiatori che si sono visti dissolvere il capitale.
Gli avvocati Querci e Meucci, assieme ai loro clienti ex azionisti della banca, si dicono soddisfatti. «La sentenza avvalora la nostra tesi e cioè che le cessioni di beni siano fatte in frode ai risparmiatori», dichiarano.
I legali stanno portando avanti l’azione di responsabilità da parte degli ex vertici della banca veneta per il tracollo che ha messo in ginocchio centinaia d’investitori. Si tratta di un crac a dieci cifre che, in quattro e quattr’otto, ha dissolto interi patrimoni e risparmi di un’intera vita di centinaia di persone senza neppure dare loro la possibilità di correre ai ripari prima del tracollo. Tuttavia, il blocco non arriva a compensare la voragine che l’ex patron dell’istituto bancario aveva creato. Tra le revoche, compaiono anche gli atti con cui nel 2016 Zonin aveva passato ai figli Domenico, Francesco e Michele le sue quote delle aziende vinicole.