DOV’È L’EUROPA UNITA?
di Roberto Fiordi
Dopo le stragi di Parigi, datate 13 novembre 2015, ieri anche Bruxelles si è trovata costretta a dover fare il bilancio dei morti nei due attentati per mano dell’Isis. Il primo attentato è avvenuto all’aeroporto di Zaventem intorno alle 8.00 del mattino e il secondo, un’ora dopo, alla fermata del metrò Maelbeek. La stima complessiva è di 34 morti e di almeno 270 feriti. Ma con il passare del tempo il bilancio può variare.
Gli attentati parigini di quel maledetto venerdì 13 2015 e gli attentati avvenuti nel cuore della capitale europea sono fra loro collegati. Entrambi sono stati, infatti, rivendicati dall’autoproclamato Stato Islamico. Dalle prime perizie era risultato inoltre, come riportava il giornale belga De Standaard, che fosse stato utilizzato lo stesso esplosivo da entrambe le parti. Sembrava, secondo il giornale belga, che si fosse trattato di Tatp, una combinazione chimica a cui spesso le milizie dell’Isis fanno ricorso. Ma poi, da altre perizie successive, il risultato è apparso diverso, e cioè che gli ordigni di Parigi e quelli di Bruxelles non contenessero i medesimi miscugli chimici; tuttavia le perizie sono ancora al vaglio della Polizia Scientifica. Ma a fondere fra loro i due attentati c’è anche la matrice. Si tratta di vendette da parte dell’Isis. Il primo, quello di Parigi, è avvenuto all’indomani dell’uccisione del boia Jihadi John ad opera degli americani; il secondo, quello di Bruxelles, alla distanza di quattro giorni dalla cattura di Salah Abdeslam, il kamikaze mancato, che durante la strage di Parigi fece marcia indietro e non si lasciò esplodere. Era la persona più ricercata in tutto il mondo. Ed è probabile che le reti terroristiche del Califfato sparse dovunque abbiano deciso d’intervenire quanto prima nel timore che Salah Abdeslam rivelasse informazioni utili. E le conferme di tutto ciò giungono anche dai siti jihadisti, che affermano che gli attacchi rappresentano la vendetta per la cattura della presunta mente delle stragi di novembre a Parigi.
Una terza bomba non è esplosa all’aeroporto ed è stata fatta dunque brillare. Dagli esami scientifici è risultato che le bombe che sono esplose contenevano chiodi. Lo ha confermato anche l’amministratore delegato dell’ospedale universitario Gasthuisberg di Lovanio, Marc Decramer. È emerso, infatti, che le persone rimaste vittime dell’attentato mostrano nel corpo evidenti ferite provocate da oggetti contundenti quali possono essere chiodi, che sono stati ritrovati anche nella borsa non esplosa.
Un altro stretto legame fra le due città devastate è Najim Laachraoui, un 25enne originario di Schaerbeek, che sembra essere stata la chiave delle due stragi. Di lui sappiamo che ha soggiornato in Siria fino a febbraio del 2013. I primi di settembre è stato avvistato al confine fra Austria e Ungheria in compagnia di Salah Abdeslam. Di quest’uomo sono state trovate tracce di DNA su almeno due cinture utilizzate il 13 novembre a Parigi e quindi cadono su di lui i sospetti che possa essere stato anche il fabbricante delle cinture esplosive.
È stato immortalato in un fermo immagine ripreso dalle videocamere di sicurezza dello scalo di Zaventem poco prima dell’esplosione e diffuso dalla polizia, in compagnia dei due kamikaze, i fratelli Khalid e Ibrahim El-Bakraoui.
Najim Laachraoui, in giacca chiara con un cappello in testa, baffetto e barbetta sotto labbra e sotto mento, che spinge un carrello a fianco di uno dei due presunti kamikaze vestiti di scuro, che indossano ciascuno un solo guanto che potrebbe nascondere il meccanismo di attivazione della cintura esplosiva.
Tuttavia il Belgio si trova a vivere una situazione di caos e nel caos sembra che possono essere anche le notizie che giungono.
Secondo fonti certe, stando alla citazione del giornale De Standaard, Najim Laachraoui non sarebbe l’uomo in foto con la barbetta vestito di chiaro, bensì quello centrale che spinge il carrello e armato di guanto. Sarebbe il secondo terrorista kamikaze che si è fatto esplodere all’aeroporto. Dunque la notizia fa ribaltare ogni convinzione. L’uomo in fuga non sarebbe più lui e perciò verrebbe a tratteggiarsi una figura incognita. Ma la TV nazionale RTBF riporta la notizia che la procura federale smentisce per il momento l’indiscrezione del giornale. Tuttavia, l’incertezza da quale parte stia la ragione rimane ancora, come rimane ancora l’allerta che fossero già stati pianificati altri attentati nel vecchio e nel nuovo continente.
I fatti di Bruxelles sembra che fossero stati previsti già per il giorno di Pasquetta, ma che fossero stati anticipati perché questi kamikaze si sentissero braccati e avessero avuto paura di doversi ritrovare presto a fare compagnia all’amico Salah Abdeslam in prigione. E inoltre è stato uno sfogo vendicativo in nome dell’Isis alla cattura dell’amico. E i rischi non si placcano. Anzi, sono in aumento.
Probabilmente l’Europa ha sottovalutato fin troppo questo nemico. Questo esercito di fantasmi in grado di far passare esplosivi in una città tanto blindata come Bruxelles e posizionarli in luoghi sensibili.
L’Europa non si è forse resa ancora conto di trovarsi di fronte a soldati addestratissimi per la guerra. Ad avere come nemici combattenti capaci di organizzare stragi in men che non si dica. Lo dimostra il fatto che a poche ore di distanza dall’arresto di Salah Abdeslam sono stati in grado di organizzarsi e fare tutto quello che hanno fatto.
A questo punto è giunto il momento di fare per l’Europa un passo in aventi di qualità sulla sicurezza. Non basterebbe nemmeno aumentare il numero di poliziotti lungo le strade per arginare questi rischi; sarebbe forse più opportuno che i controlli da parte degli intelligence internazionali mirino al coordinamento d’informazioni d’ogni singolo paese al fine di portare alla luce possibili legami o finanziamenti col mondo islamico.
È un rischio che potrebbe comportare molti disagi fra paesi, possibili rotture, ma se questo dovesse servire a sconfiggere finalmente questo esercito così ben radicato ovunque, ben venga il rischio.
1. Immagine fonte Google