Sostenibilità sociale e ambientale, alla Nova Fides arriva l’orto in fabbrica e la valorizzazione dei colori naturali delle fibre che fa risparmiare acqua ed energia
La crisi pandemica alla Nova Fides, il lanificio dei fratelli Paolo e Claudio Calabresi di via del Bisenzio a Montemurlo, è stata vissuta in maniera propositiva, come un’opportunità di crescita, come un tempo “sospeso”, utile per ripensare il proprio modo di produrre ma anche di stare in azienda. Mesi difficili che hanno portato ad una nuova visione, che si può riassumere in quello che è diventato lo slogan aziendale “Nature is the future”, la natura è il futuro. Un modo di produrre, dunque, attento all’ambiente ma senza mai dimenticare le persone, le vere protagoniste di questa “transizione green”:« In questi mesi abbiamo coinvolto i nostri dipendenti, una quarantina in tutto, in un vero e proprio processo partecipativo, grazie al quale abbiamo raccolto idee e suggerimenti per migliorare lo “stare bene in fabbrica”, perché sul posto di lavoro trascorriamo tante ore ed è importante lavorare in serenità. – raccontano i fratelli Calabresi – Tra le tante è venuta fuori anche l’idea di realizzare un orto in fabbrica. Così abbiamo deciso di valorizzare un piccolo appezzamento di terreno incolto che avevamo tra i capannoni e già da qualche mese è iniziata la sua coltivazione. Tutti partecipano a questa esperienza, guidati da un dipendente che ha molta esperienza nel settore e che aiuta i colleghi in questa nuova attività. Un’opportunità di relax a contatto con la terra ma anche un importante momento di scambio e socializzazione. Tra qualche mese – concludono scherzando i fratelli Calabresi- chi arriverà alla Nova Fides troverà all’ingresso ad accoglierli cesti di insalate e pomodori».
Ma voler bene all’ambiente per la Nova Fides significa anche risparmiare risorse e produrre tessuti davvero sostenibili. Nasce così una collezione di tessuti Undyed, non tinti, ma colorati naturalmente dalla tinta naturale dell’animale o della pianta con la quale sono stati fatti. «Abbiamo sperimentato fibre come il Kapok, il lama, il cammello, ma anche la stessa lana di pecora, però tutte sono utilizzate con il loro colore naturale. Che non è quello bianco, ma altre bellissime tonalità che rendono ogni capo unico.- continuano i fratelli Calabresi– Sembra l’uovo di Colombo, ma noi abbiamo semplicemente iniziato a valorizzare ciò che gli altri scartavano. Prendo ad esempio la “lana moretta”, una lana più scura naturalmente, dalla quale abbiamo ricavato tessuti che non hanno bisogno di essere tinti ma sono belli di sè, morbidi e destinati a durare nel tempo per loro natura. Produrre tessuti sostenibili non significa rinunciare a qualcosa, ma aggiungere qualcosa di importante: la responsabilità». Una scelta, infatti, che ha degli impatti ambientali rilevanti in termini di risparmio di coloranti e di litri di acqua che servono nel processo di tintoria. « La responsabilità sociale e ambientale rappresentano un valore aggiunto al prodotto, che il cliente, al momento dell’acquisto, apprezza sempre più. – sottolinea il sindaco di Montemurlo, Simone Calamai che ieri ha fatto visita all’azienda – Montemurlo è eccellenza nel settore del manifatturiero e credo che, oltre alle certificazioni ambientali, debba puntare ad elaborare in tempi brevi anche una certificazione riguardo alla “sicurezza sul lavoro”. Un bollino di qualità che darebbe ancora più valore al nostro distretto. Un obbiettivo comune che deve vedere impegnati tutti gli attori in causa: imprenditori, sindacati, istituzioni, scuole.»