Le calamità stringono i cittadini. Giovani, giovanissimi e meno giovani volano a sostegno della città
Sono oramai ben note a tutti le calamità che in questo drammatico fine settimana hanno devastato molte città del centro Italia e dunque sarebbe inutile farne cronaca. Canali televisivi, radiofonici, quotidiani, notizie web eccetera hanno dato largo risalto all’evento. Sulla cronaca di essi è stata evidenziata anche la mobilità da parte di tutte le strutture e tutte le associazioni che sono accorse a porre rimedio al cataclisma per quanto fosse stato possibile, e che ancora oggi sono operanti. È molto prezioso per un paese com’è l’Italia avere persone che si stringono fra di loro per darsi mano e accorrere in aiuto a famiglie flagellate dalla situazione, le quali oltre ad avere necessità materiali da parte dei soccorritori avvertono il bisogno di un po’ di calore umano e allora, una parola, un abbraccio e un sorriso sono tesoro per queste persone sprofondate nello sconforto dinanzi l’ eventuale perdita – in alcuni casi – di cari e comunque di merce. Di fronte al pensiero che poi ne seguirà anche una volta riportata la situazione alla normalità. Il tempo perché tutto ciò avvenga e le spese di cui dovranno farsene carico. D’altra parte sono fenomeni ai quali anche il Bel Paese, già da adesso, deve farsene carico. Catastrofi analoghe già in passato sono capitate con un ordine di frequenza di pochi anni l’una dall’altra come accadde nel ’59 ad Ancona, due mesi dopo a Metaponto; a seguire nel ’63 il “Disastro del Vajont”, due anni dopo l’alluvione del Friuli, e prima ancora nella lista delle catastrofi dovute al maltempo leggiamo l’alluvione di Salerno nel 1954 , l’anno prima, nel ’53, un evento meteo molto intenso a Reggio Calabria, con la rottura di argini eccetera. Tutto questo semplicemente per documentare qualcuna delle sciagure accadute anche in periodi piuttosto remoti, perché andando a scrutare documenti metereologici presenti sul web che hanno interessato l’intero Paese, ci renderemmo conto di quanti ce ne sono stati in tutto l’arco del 1900. Dati alla mano, pare a me che sia una cosa solo speculativa farci politica a riguardo quando invece sarebbe più opportuno che la politica passasse dalle critiche ai fatti per giungere a giuste prevenzioni per la salvaguardia delle persone e delle cose. Tuttavia un fondo di verità potrebbe darsi che ci sia anche sulle teorie del cambiamento climatico, qualora tenessimo di conto che è da un po’ di tempo che si verificano in determinate zone giorni o mesi d’intensa siccità quando poi, nelle medesime zone, da un momento all’altro, nel giro di poche ore, la furia di Zeus si sprigiona con piogge torrenziali tanto violente da gettare sul suolo un volume d’acqua così immenso da quantificare una massa che sarebbe dovuta precipitare in quel lasso di tempo rimasto all’asciutto.
Ma quanto detto fino adesso è cronaca che bene o mele chiunque conosce, perché il cuore dell’articolo è un altro. Il cuore dell’articolo fa riferimento alla massa di volontari che si sono prestati a dare soccorsi. Fra essi ci sono stati volontari in divisa e volontari fuori divisa. È chiaro che sia doveroso porgere riconoscenza a tutte le persone che dell’assistenza ne hanno fatto il loro mestiere giacché il loro impegno è costante e sempre sacrificante, è chiaro che un dovuto riconoscimento spetti anche ai volontari delle varie associazioni e delle varie misericordie, ma un meritato e lindo apprezzamento speciale è giusto che venga riconosciuto a giovani, giovanissimi e meno giovani che, senza che avessero avuto da dover rendere conto a qualcosa o a qualcuno, e senza che la situazione li avesse coinvolti direttamente, si sono armati di vanga, spazzolone spingiacqua, secchio e granata e si sono diretti al Centro Operativo Comunale (COC) per prestare la loro opera di soccorso e ricevere dovute direttive. Si è trattato di squadre di volontari fuori divisa che nell’occasione si sono dati molto da fare. Non hanno dato peso alla fatica e al tempo. E per di più il loro impegno si è svolto con estremo entusiasmo. Squadre di soccorritori che ci hanno messo tutto il loro cuore. Un grazie infinito è giusto devolverlo anche a questi “ragazzi/e“.
E, giacché le Associazioni di soccorso necessitano di personale, inviterei certe persone fuori divisa a prendere contatti con certe strutture e, casomai, entrare a farne parte.