L’ITALIA SI ARRICCHISCE SEMPRE DI PIÙ DI MALAGIUSTIZIA. CHE ONORE…
di Roberto Fiordi
Si allarga sempre di più la certezza di un paese, l’Italia, affetto da malagiustizia. Chi colpevole e resta fuori e chi innocente paga 20 anni di carcere…
Cosa può raccontare all’opinione pubblica e al mondo intero un paese che tiene dietro le sbarre per circa 20 anni un uomo innocente accusato di omicidio e a piede libero un pedofilo che 20 anni fa aveva violentato una bimba di soli 7 anni?
Come dire che spesse volte qui in Italia la realtà va oltre la fantasia di autori di gialli come Camilleri e Grisham. Un uomo che 20 anni fa aveva abusato di una bambina di soli 7 anni, oggi si ritrova a essere un uomo libero e innocente perché il reato è caduto in prescrizione, mentre intanto un uomo, originario di Taranto, oggi 51enne, ha scontato in carcere da innocente 21 anni per una detenzione di 30 anni per l’omicidio di Lorenzo Fersurella, ucciso nel tarantino nell’ottobre del 1995.
I fatti della bambina violentata risalgono al 1997 e l’autore era il convivente di sua madre, che quando la donna non era in casa lui si approfittava della figlia. La vittima, che oggi è una donna di 27 anni e che possiamo dire che è stata violentata due volte, la prima dal suo orco e la seconda dal sistema giudiziario, all’epoca dei fatti era stata ritrovata in strada che vagava in stato confusionale. Condotta in ospedale, su di lei sono stati riscontrati segni di violenza e infezioni sessuali trasmesse.
Cosa dire, che da queste prove certe il caso ha dovuto attendere 20 anni per essere chiuso e quel che è peggio lo hanno lasciato cadere in prescrizione?
Le scuse alla vittima e a tutti gli italiani che ha rilasciato il giudice della Corte d’Appello, Paola Denzani, non possono bastare a sanare i traumi della 27enne che all’epoca è stata violentata dal patrigno e ora non ha trovato nemmeno giustizia. Il chiedere scusa del giudice, Paola Denzani, non è sufficente per coprire la vergogna che è il nostro Paese.
La bambina dopo essere stata condotta in ospedale, ha raccontato tutto ed è così iniziato il processo. Ci sono voluti 10 anni perché arrivasse la prima sentenza di condanna a 12 anni per il patrigno violentatore da parte del tribunale di Alessandria. Il condannato ha fatto appello e il processo si è spostato al tribunale di Torino per affondare nelle sabbie mobili di una scarsa e lumacosa giustizia.
Trascorrono 9 lunghissimi anni e il processo cade in prescrizione. L’accusato è oggi un uomo libero. L’uomo, reo del reato di pedofilia, è oggi un innocente. La sua fedina penale è candida. E la povera 27enne si è ritrovata così costretta a dover vestire per la seconda volta i panni della vittima. E forse questi sono stati ancora più stretti dei primi. Come può lei credere a quest’Italia? Come possiamo tutti noi aver fiducia sulle garanzie che possono dare le “toghe“?
Un paese civile e culturalmente abbastanza emancipato di fronte a certe situazioni dovrebbe sapere come reagire. Dovrebbe sapere come trovare il – o i – responsabili dell’accaduto e citarli in giudizio e no che tutto si esaurisca con un semplice nulla di fatto come spesse volte accade da noi.
Riporta inoltre Universomamma.it che almeno il 51% dei condannati per atti di pedofilia torna a casa vicino alle vittime che avevano avuto il coraggio fare denuncia.
Questa è l’Italia, un’Italia che oggi si trova a dover pagare 6 – giustissini (se realmente il fatto non sussiste) – milioni di euro (dei nostri soldi) di risarcimento a un povero cristo che la giustizia italiana ha tenuto dietro le sbarre da innocente per oltre 20 anni. Si tratta di Angelo Massaro, di Fragagnano (TA), assolto dalla Corte d’appello di Catanzaro per non aver commesso il fatto.
Le accuse di omicidio erano ricadute su di lui, che all’epoca aveva poco più di 30 anni e un figlio, il secondogenito, di soli 45 giorni, sulla base di dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che sosteneva di avere appreso da altri il coinvolgimento del pugliese nel delitto di Lorenzo Fersurella e da un’intercettazione in cui Angelo Massaro, mentre conversava con la moglie, pare averle detto in dialetto: «tengo stu “muert“», ma che, secondo il legale di Massaro, Salvatore Maggio, si era trattato di una parola equivocata perché in realtà la parola era “muers“, ovvero un materiale ingombrante attaccato al gancio di un autovettura e che stava trainando.
L’avvocato Maggio aveva avanzato la richiesta di revisione del processo e la Corte di Cassazione l’aveva a sua volta accolta. Il difensore del 51enne ha così avuto modo di dimostrare, attraverso un certificato, che il suo assistito si trovava al Sert nel momento in cui scomparve Fersurella.
Da dopo che sono scattate le manette per Angelo Massaro, il 15 maggio 1996, questi è stato spesso lontano anche dagli affetti familiari perché ospite di carceri lontani dal suo luogo di residenza. È stato in carcere a Foggia, Carinola (Caserta), Taranto, Melfi e Catanzaro.
Adesso si dice felice che finalmente la giustizia è venuta fuori, ma niente potrà mai bilanciare le sofferenze che ha patito in questi 20 anni.