BANDA LARGA A PRATO, TUTTI I PERCHÉ BREAKING NEWS, OPINION LEADER

di Patrizia Scotto di Santolo

Prato – Se l’Aquila è stata scelta in quanto nella fase di ricostruzione post-terremoto, Matera quale capitale europea della cultura 2019, ci sarebbe da chiedersi perché, dopo Torino, insieme a Milano e Bari, la banda ultralarga “la sperimentazione del 5 g” non possa riguardare  Prato, una città nuova, interessante, e tanto per cominciare in una posizione centrale geograficamente strategica, ma anche snodo riguardo agli assi dell’area vasta, che vanno da Firenze a Pistoia fino al Circondario Empolese  Val d’Elsa.

Una realtà sociale multiculturale e multirazziale, unica nel suo genere (al 31 dicembre 2016 su una popolazione residente di 192.469 abitanti ben 36.400 sono gli stranieri, con una marcata presenza di 5 cittadinanze tra albanesi, rumeni, pakistani e marocchini e 18.989 cinesi). La popolazione straniera presente a Prato oggi, rappresenta il 18% di quanti vivono sul territorio ed è emerso  che negli ultimi 4 anni l’aumento degli stranieri in centro storico è stata del 5,5%, soprattutto per quanto riguarda le persone di origine pakistana. In questo particolare contesto sociale (ultimamente anche d’emergenza per gli ingressi dei migranti) la città ha risposto con una serie di iniziative inclusive sul territorio, con una sperimentazione operativa in alcune zone della città a maggiore presenza di popolazione straniera, con azioni di sensibilizzazione e comunicazione sociale non sottovalutando la collaborazione con l’associazionismo locale.
È la città del centro Italia che più di ogni altra ha deciso di scommettere sulle proprie potenzialità per sperimentare ed espandersi in Europa con una serie di progetti nel prossimo futuro, come ad esempio, il riuso di edifici ed ex capannoni industriali, un nuovo piano casa, spazi pubblici nel pieno rispetto dell’ambiente, entrambi visti nell’ottica dello sviluppo strategico dell’economia; tra gli obiettivi, a breve periodo, anche la trasformazione del Macrolotto Zero, così come accaduto per via Tortona a Milano (un’area ex industriale,tra i Navigli e la ferrovia, recuperata senza particolari stravolgimenti, in cui si sono trasferiti i più importanti stilisti del momento e poi alberghi maison etcc ), ovvero la rinascita di un nuovo quartiere in una delle zone a più alta densità cinese,che attiri non soltanto i giovani ma anche le imprese, le gallerie d’arte, gli shoowroom,con un occhio a cinema, moda e spettacoli.
In tempo recenti non sono mancate le trasformazioni nel mercato della produzione industriale soprattutto riguardo al tessile,(la struttura organizzativa del distretto si basa sulla specializzazione produttiva delle aziende, rappresentate per lo più da micro e piccole imprese),e su questo,gli ultimi dati  dicono che Prato vanta uno dei distretti tessili tra i più grandi d’Europa per la presenza di circa 7.200 aziende e 40.000 addetti, che ogni anno immettono sul mercato mondiale 70.000 nuovi articoli e circa 350 milioni di metri di tessuto per abbigliamento, arredamento, impieghi tecnici.

Una novità riguarda l’imprenditoria cinese che vede assunti 355 i lavoratori italiani da imprenditori cinesi in provincia di Prato tra ottobre 2010 e giugno 2015,il che indica anche un’accresciuta integrazione tra la popolazione italiana di Prato e quella cinese, una delle comunità più chiuse in Italia,ma che può spiegarsi  anche col fatto che gli imprenditori cinesi hanno bisogno di manodopera specializzata che  non trovano tra i loro concittadini. Inoltre una ricerca condotta prendendo in esame le cento imprese cinesi con maggior capitale sociale, ha visto che il  55% si occupa di tessile e abbigliamento, il 22% lavora nel settore immobiliare e una restante parte lavora nella ristorazione, nell’alberghiero e nell’ingrosso. Appare evidente che queste nuove realtà imprenditoriali non solo si stanno attrezzando in maniera diversa, ricorrendo alla manodopera italiana e aprendosi all’integrazione, ma potrebbero diventare trainanti  e fare da esempio per tante altre realtà della fabbrica,anche perché sempre secondo i dati recenti, le aziende in cui sono stati assunti lavoratori italiani, non sono quelle nell’area del Macrolotto Zero, cioè dove le condizioni di lavoro sono ancora difficili.Va da sé che in questa realtà locale sempre piuù dinamica vincono solo le  ferree leggi del mercato che  richiedono tecnologie e infrastrutture sempre più veloci,per battere la globalizzazione, l’apertura di nuovi mercati e la concorrenza di nuovi paesi dalle economie emergenti.

fonte Stamp Toscana