Massimo Priviero: un diario denso di vita.
Si intitola “Diario di vita” il nuovo disco di Massimo Priviero, un ritorno decisamente ispirato, di folk e di rock nelle tinte di suono che ormai sono solide certezze pensando alla sua lunghissima carriera. Un disco che troviamo in vinile ma anche dentro un podcast che raggiungiamo dal suo sito, episodi audio di voce e suono che ci raccontano da vicino ogni brano del disco. Ogni appuntamento con Priviero è un invito a cena, un momento conviviale, un modo di stare al mondo decisamente umano e vicino… siamo amici di vita, di una vita, per la vita che verrà.
Classicismi vari, il folk incontra il rock. Hai usato anche strumenti particolari, di qualche tradizione?
Usi tutto quel che ti serve. Quel che può reggere al meglio le cose che hai scritto. Musica d’autore. Rock d’autore nel mio caso se si vuol timbrare di più. Ho da tenere in equilibrio la mia parte più “di tiro” dove il tuo vocabolario si riduce per fa suonare meglio le tue parole e quella più “larga” dove la cifra che chiameresti più poetica diventa centrale e più “libera” da fissare. Per far questo, uso quel che penso sia meglio per me e più amabile per chi mi segue.
Un disco di andate o di ritorni?
Un album tra ieri oggi e domani. Tra passato e presente. Il bambino, il ragazzo e l’uomo.
Qualcuno disse che le radici bisogna reciderle per spiccare il volo… non penso sia questa la storia per te o sbaglio?
Non so chi sia quel qualcuno. Ma è un concetto banale. Ho tagliato tante mie radici. Non hai e non ho idea idea quante. Altre non puoi mai tagliarle. Altre non vuoi. Non credo neanche che il termine coerenza sia così stimabile, detto tra noi. Anzi, è spesso solo la salvezza di chi si ripete. Uso quel che mi serve per tradurre quel che sono. La mia musica nasce con quel che scrivo su una chitarra e sulla mia voce. Tutto il resto conta forse il dieci per cento.
E un suono sempre coerente, sempre di un certo stampo: anche queste sono radici?
È quel che ti dicevo prima. Specifico meglio: Le mie radici sono la mia scrittura, la mia voce, la mia chitarra, anche il mio pianoforte. Quel che si somma e si arrangia serve a tradurre e a reggere tutto questo nel modo migliore per me, perché soprattutto l’onda emotiva arrivi forte.
Un podcast per raccontare le canzoni del disco. È un tuo modo di stare dentro questi tempi liquidi?
È una cosa che mi ha stimolato molto. Sono suggestioni di qualche minuto incise per ogni canzone. So’ che è piaciuta molto l’idea a chi mi è più vicino. Sono immagini e pensieri legati all’ispirazione avuta al momento della stesura. Non sono spiegazioni di un qualcosa intendo. Sul discorso dei tempi liquidi si aprono mille riflessioni come immaginerai. Che non è il caso do fare qui credo. Diciamo che un podcast può essere uno strumento di approfondimento assai utile che ti aiuta anche nella comunicazione. Ho un’esistenza assai laterale al mondo di oggi, per come lui gira intendo, e ci son dentro ben poco. Ma se puoi trovare qualcosa che ti serve a comunicare meglio provi ad usare quel qualcosa a modo tuo.
Che rapporto hai con il futuro? Visto che con il passato lo sai cantare benissimo…
Passato presente e futuro si mescolano ogni giorno come ben sai. Il futuro? Amo la vita nella sua forma fragile e nella sua forma forte. E amo anche quella che spesso chiamo santa solitudine. Poi, chiaro che tanta acqua è scorsa. Ah ah! E meglio forse pensare a un futuro poco distante. Forse “Diario di vita” è anche una chiusura del mio cerchio, almeno di quello connesso alla musica. Chi lo sa’! Il futuro, come tu dici, dirà anche di questo.