SENTIRSI TAGLIARE IL CUORE DA UNA SEGA ELETTRICA A LAMA CIRCOLARE CON DENTI FINISSIMI
Mi trovavo nel mio studio e stavo svolgendo delle pratiche quando ho sentito suonare alla porta. Poco dopo entra nel mio ufficio la segretaria che mi dice: «Stefania sta salendo un ragazzo ben vestito che ha chiesto di te. Non so chi sia, mai visto prima. Io però adesso devo andare». Per istinto mi venne di guardare l’ora sul velocipede a batteria posto di lato alla mia scrivania e mi accorsi che la giornata si era spinta fin quasi alle 8 di sera. “Fra non molto mia madre mi chiamerà“, pensai.
Sentii entrare il potenziale cliente e discorrere con Angela. Pochi secondi dopo bussare alla mia porta. «Avanti», risposi. Dalla porta mi si presentò al cospetto una figura statuaria, o forse più che statuaria un vero e proprio manichino vivente sortito da una boutique di alta moda di via Montenapoleone a Milano. L’abito che indossava non faceva nemmeno un piega, come i suoi capelli all’apparenza plastificati per quanto erano fissi e ben pettinati. Una barba come Chris Pine dal colore castano chiaro con qualche venatura canuta, come i suoi capelli con la divisa da una parte.
Un uomo sotto i quaranta, con gli occhi dell’attore statunitense e lo sguardo penetrante. Mi causò una certa emozione che sicuramente questi se ne accorse. Impettito si portò di fronte a me che intanto gli ero andata incontro porgendogli la mano e presentandomi.
La mia professione è avvocato matrimonialista, ma il lavoro mi lega maggiormente ai casi di separazione familiare e divorzi. Ed è stata appunto questa la ragione che aveva spinto questo cliente a venire da me. Questi si trovava in fase di separazione dalla ex convivente e nella fattispecie di ancora moglie.
Che cosa mi stava succedendo dentro non sono in grado di descriverlo dinanzi a quei suoi occhi celestiali che mi osservavano, so solo che mi impappinavo in ogni mia movenza. Avessi dovuto scommettere avrei scommesso che lui, per difenderlo da un caso abbastanza complicato come mi aveva descritto, da questo nostro primo incontro mai avrebbe potuto scegliere un avvocato tanto imbranato come me.
Invece no. Alla fine di quell’incontro, quando gli dissi che sarebbe stato utile rivedersi (usavo il condizionale anche quando gli dicevo questo perché ero insicura che avrebbe voluto continuare con me) per approfondire meglio l’argomento, questi mi rispose di sì. E venni a scoprire di bocca sua che il mio nome glielo avevano fatto suoi colleghi nella finanza, sostenendogli che si sarebbe affidato, venendo da me, ad un ottimo legale.
Al secondo incontro si ripresentò lo stesso manichino che se n’era andato qualche giorno prima, questa volta con un abito più chiaro, ma sempre a puntino come la sua barba e i suoi capelli. Stessi modi di fare, la sua borsa affianco alla sedia dove si era messo seduto, gamba accavallata e mani sul ginocchio. A quell’incontro mi sentivo più sicura di me, più padrona della situazione, e proprio da quell’incontro siamo entrati più in confidenza. Avevamo più tempo a disposizione.
Da quella volta sono nati nuovi incontri con lui, fuori dall’ambito di lavoro. Io a trentaquattro anni vivevo ancora a casa con i miei genitori e sentivo la necessità di andarmene e farmi una vita tutta mia, avere dei figli, mentre lui, di due anni più grande di me, in via di separazione.
Il nostro primo incontro extralavorativo si concluse nel suo appartamento, già vuoto dalla presenza femminile; e ciò che di lui non mi sarei aspettata, dopo come si era sempre presentato senza mai una piega addosso, fu la sua casa. Non soltanto mi trovai di fronte un po’ di disordine (forse maschile), ma soprattutto un ambiente cupo, arredato in maniera strana. La cosa mi spaventava un po’, ma cercavo di non darlo a vedere. I suoi modi sempre gentili e sereni mi davano l’impressione che stonassero con quell’arredo.
Siamo così finiti a fare l’amore nel suo letto matrimoniale, e intanto che lo facevamo osservavo circospetta tutta la stanza. Scorsi un quadro che mi destò un po’ d’inquietudine addosso. Non era nulla di particolare, raffigurava l’immagine di un vecchio dalla faccia strana, alle prese con un cucchiaio in mano. Quella pittura mi rammentò un’altra simile che avevo prima visto nell’ingresso ma che non le avevo dato peso. Il volto di una persona con serpenti al posto dei capelli.
I nostri incontri divennero sempre più frequenti, fino al punto di essere quotidiani, e col passare del tempo ogni cosa di quella casa mi divenne familiare. Ci arrangiavamo spesso ad uscire con una coppia di suoi amici: persone strane ma simpatiche. All’inizio simpatiche, perché poi, presa sempre più confidenza, quel lui si spingeva troppo nei miei confronti, ed anche se io gli davo a vedere che mi dava fastidio lui continuava.
Feci notare questa cosa al mio lui che però ebbi l’impressione che non gliene fregasse qualcosa. Un’altra cosa strana era quella che ero sempre io a parlargli d’iniziare a vivere come una coppia vera e non come due giovani fidanzatini, ma erano parole intuii, come buttate al vento, perché lui dimostrava disinteresse all’argomento.
Continuavo a non capirci nulla, arrivavo ad arrabbiarmici e fare sfuriate, ma lui non si scomponeva, restava sempre nei suoi modi gentili. Cercava addirittura di accarezzarmi quando ci trovavamo vicino, persino quando la situazione da parte mia diventava incandescente.
Una sera all’uscita del lavoro mi trovo davanti Riccardo, l’amico strano di Federico, il mio fidanzato. Mi chiede di concedergli qualche minuto che ha una cosa importante da dirmi a riguardo di Federico. Pur temendo questo strano elemento, glielo concedo.
Viene a canzonarmi che Federico è un uomo desideroso di affrontare una nuova vita di coppia. Una vita di coppia più aperta e più libera. Che ritiene che l’amore sia amore e il sesso sia sesso. Due cose distinte l’una dall’altra.
Ebbi una gran confusione in testa e capii che Riccardo non mi stava canzonando ma dicendo la verità quando mi accompagnò all’appartamento di Federico e al suo interno trovai il mio fidanzato che se la faceva con due donne, una delle quali la compagna di Riccardo, Melissa: entrambi consenzienti di quanto stava accadendo.
Lasciai tutto e corsi via piangendo. Su quel bastardo di uomo dai modi tanto gentili avevo puntato tutte le mie speranze, tutti i miei sogni di una normale vita di coppia, e se fosse piaciuto a Dio avere avuto almeno un figlio. Il mondo mi crollò addosso e io sentii il mio cuore come segarsi in due.
Sono trascorsi oramai circa cinque anni da quella brutta esperienza e dopo nemmeno un anno avevo fatto conoscenza di un altro uomo, questa volta più giovane di me, con il quale ci sono andata a convivere dopo poco. Ma la nostra convivenza è durata due anni e mezzo e ci siamo poi lasciati. Oggi vivo da sola in questa casa che mi ha visto nascere in quanto i miei genitori, uno dopo l’altro, nel giro di poco tempo se ne sono andati tutti e due.
Spero che presto possa trovare finalmente il mio principe azzurro con cui condividere questa casa; e mi viene da ridere e soprattutto da piangere al pensiero di quanti uomini in via di divorzio mi passano davanti agli occhi.