ANGELO CORBO, POLIZIOTTO DELLA SCORTA DI FALCONE, SULLA STRAGE DI CAPACI: «QUEL GIORNO SONO MORTO ANCH’IO»
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Montemurlo – Ieri alla Sala Banti si è svolta la Giornata in ricordo delle vittime della mafia. Angelo Corbo, sopravvissuto all’attentato, ha raccontato ai ragazzi della scuola media “Salvemini-La Pira” la sua terribile esperienza
«Chi vi parla oggi non è Angelo Corbo. A parlarvi sono Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Io non avvezzo a parlare in pubblico e se lo faccio è per dar voce a loro che non ci sono più» Inizia così il racconto di Angelo Corbo, poliziotto della scorta del giudice Giovanni Falcone, sopravvissuto all’attento di Capaci, che ieri, 5 marzo, è intervenuto all’iniziativa, promossa dal Comune i Montemurlo, per celebrare la Giornata nazionale in ricordo delle vittime di mafia, alla quale hanno preso parte gli studenti della scuola media “Salvemini- La Pira”. Corbo racconta che nel 2006 era arrivato sull’orlo del suicidio. Troppo grande da sopportare il peso di quello del trauma subito: essere uscito vivo dall’attentato di Capaci, costato la vita al giudice anti-mafia Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta, e non capirne il motivo. La sua vita è ricominciata solo quando ha capito che la sua missione era quella di continuare a dare voce ai suoi compagni di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e al giudice Falcone sui quali, nei libri e nelle fiction – denuncia Corbo – sono state fornite ricostruzioni lontane dalla realtà. Così da alcuni anni Corbo gira per le scuole, incontra i ragazzi e parla loro di mafia: «La mafia non è un fenomeno che coinvolge solo alcune regioni del nostro Paese, la mafia è presente e ben radicata anche in Toscana, basta guardare la lista dei beni confiscati nella nostra regione. – dice – Il mafioso non è solo chi uccide. Il bullismo è un comportamento mafioso perché il bullo come il mafioso calpesta i più deboli con il sostegno deisuoi soldatini che lo incitano e proteggono con un atteggiamento omertoso». Corbo, nato nel quartiere Noce di Palermo, racconta ai ragazzi della sua infanzia negli anni Ottanta, anni della terribile guerra di mafia, da “segregato” in casa per non finire nelle maglie della malavita. Racconta come a 14 anni sia stato vittima di atti di bullismo: « Mi ero chiuso in me stesso e non avevo il coraggio di chiedere aiuto, convinto che fosse un‘ onta». E poi la scelta di entrare in polizia:« L’ho fatto per Claudio Domino, un bambino di 11 anni, ucciso dalla mafia perché forse aveva visto qualcosa che non doveva. Conoscevo bene questo bambino, figlio di un negoziante, con il quale ero solito giocare. Entrare in polizia significava dare qualcosa di concreto al mio ideale, cercare portare la mia città a ritrovare dignità in quegli anni di piombo» .Dopo due anni a Corbo, 22 anni senza alcuna specifica preparazione o esperienza, viene chiesto di entrare nella scorta di Falcone « ho accettato perché per me il giudice era un‘ icona». Corbo rievoca gli anni con Falcone, i turni di lavoro estenuanti, l’impossibilità di avere una vita privata. E poi il giorno della strage, di cui Corbo ricorda ogni minimo particolare. Un bellissimo sabato di maggio, l’arrivo all’aeroporto di Capaci, l’attesa nel bar della caserma dei Vigili del Fuoco dell’arrivo da Roma di Falcone su un aereo militare, la sua strana euforia perché aveva giocato una schedina del Totocalcio e la convinzione che avrebbe fatto una grossa vincita che gli avrebbe cambiato la vita: «Rimanere in vita dopo aver subito quello che ho subito io, è una perdita (…) le vittime non sono solo coloro che muoiono, ma sono anche coloro che sono costretti a veder la malvagità dell’uomo, a veder morire un amico, un compagno, un familiare e non capire il motivo per cui sono sopravvissuti. Io quel giorno sono morto. Quel 23 maggio 1992 alle 17.58 muore quell’Angelo Corbo che era nato nel 1965, che era sposato e aveva un figlio e ne nasce un altro. Rinasce un’altra persona che non mi piace…»
« I ragazzi sono il nostro futuro ed è giusto far conoscere loro queste pagine così tragiche della nostra storia. Conoscere la mafia, sapere che esiste anche in Toscana, significa imparare a combatterla. Questa è educazione civica», ha detto la presidente del consiglio comunale di MontemurloAntonella Baiano, che ha aperto l’incontro con Corbo. «Solo grazie alla conoscenza possiamo essere liberi», ha aggiunto il sindaco Mauro Lorenzini.Anche il nuovo questore di Prato, Alessio Cesareo, ha portato il proprio saluto ai ragazzi e li ha esortati a rispettare le regole per essere veramente liberi. Il questore Cesareo ha anche ricordato la sua attività investigativa a Palermo subito dopo le stragi del 1992, al fianco di un altro sopravvissuto della scorta di Facone, Paolo Capuzza . All’iniziativa erano presenti anche alcuni familiari di vittime della mafia, Pietra Tramuta e FilippoPalmieri .