CONCORSO DI COLPA GIURISPRUDENZA ITALIANA DELITTO DI ALATRI

di Roberto Fiordi

L’immancabile domanda di chiunque conosca il caso è se la giurisprudenza italiana c’entri qualcosa oppure no sull’omicidio di Emanuele Morganti a seguito del rilascio del probabile omicida dopo che era stato pescato in possesso di enormi quantitativi di droga. 

Notizie sempre più nuove che si rincorrono l’una con l’altra sulla morte del frusinate 20enne, Emanuele Morganti, morto per la bravata di una banda di spietati e violenti probabili cercatori di gloria, che – secondo fonti riportate dalla polizia – volevano dominare il quartiere. È una delle ipotesi su cui gli investigatori hanno fin da subito basato i loro sospetti. Una prova di forza per imporsi sul territorio quella che nella notte fra venerdì 24 marzo e sabato 25 è costata la vita a Emanuele.

Dietro a quanto accaduto, oltre alla mano dell’omicida ci sono altre responsabilità oggettive, che sarebbe opportuno fare chiarezza. Una di queste, secondo quanto le cronache asseriscono, l’avrebbe il buttafuori del locale Miro Music Club a Frosinone, – per il momento posto sotto sequestro – in quanto questi ha accompagnato fuori la vittima, lasciandola in balia di un branco assetato di sangue.

Il lavoro di buttafuori delle discoteche non è certo un lavoro semplice e forse neppure ben retribuito considerando l’incorrere dei pericoli, e quindi accusare questa persona di responsabilità oggettiva dopo quanto è accaduto non è corretto; però adesso che c’è almeno un precedente, se dovesse avverarsi di nuovo una situazione analoga, sarebbe opportuno che le persone che operano nel campo della sicurezza conducessero all’esterno del locale il branco, mentre la persona sola – o il gruppo in minoranza qualora si trattasse di più soggetti – venisse trattenuta all’interno in stato di protezione, sino all’arrivo delle forze dell’ordine.

Oramai, a distanza di una settimana circa, è ben noto alle cronache che il risultato di una banale lite scoppiata all’interno di un locale si sia consumato con la morte di un giovane rimasto solo ad affrontare il coraggio di un intero gruppo di quasi coetanei, armati fra l’altro di mazza.

Ma se la cosa certa è quella che il povero Emanuele ci ha rimesso la vita, un’altra cosa altrettanto certa è quella che almeno uno dei suoi assassini non si sarebbe dovuto trovare lì ma dietro le sbarre, se i magistrati avessero applicato a dovere la legge. Ecco dove è il concorso di colpa della giurisprudenza sull’omicidio del ragazzo.

Castagnacci la notte del 23 marzo, a seguito di un’operazione antidroga, era stato trovato all’interno di un’abitazione – assieme ad altri ragazzi – in possesso di 43 grammi di hashish, 6 grammi di marijuana e 7,5 grammi di cocaina. Per lui era stato convalidato l’arresto. Ma il giorno successivo è stato rilasciato in quanto il gip ha riconosciuto la tesi difensiva del consumo di gruppo, senza tenere di conto che Castagnacci aveva già un precedente analogo.

Il precedente analogo risale al 2011, quando l’imputato aveva subìto un ordine d’arresto perché trovato in possesso di 5 chili di hashish.

Adesso, però, alla luce di tutto questo, pare  che il Csm, a come riporta Libero, si stia muovendo per indagare sul gip responsabile della scarcerazione del bullo del paese, Mario Castagnacci, presunto omicida della vittima. E non resta che sperare che anche queste indagini non finiscano in una bolla di sapone come fin troppe volte è accaduto in questo Paese, e che arrivino fino in fondo in modo da poter essere preso come esempio per le volte successive qualora ce ne fossero.

In attesa di ulteriori sviluppi sulle indagini riguardanti l’omicidio, Mario Castagnacci si sta trovando nel carcere di Regina Caeli, in regime d’isolamento, assieme al fratellastro Paolo Palmisani, anch’egli presente all’omicidio.

In una delle precedenti sere sono scese in strada centinaia di persone, in un commosso silenzio assordante, alla fiaccolata organizzata dal Comune come segno d’addio al povero Emanuele Morganti, che si è conclusa con un grosso applauso.