ED ECCO UN ALTRO VATE CHE SE NE VA, LICIO GELLI

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di Roberto Fiordi 

Ed ecco un altro vate che se ne va, Licio Gelli. A Villa Wanda, nella periferia di Arezzo, l’altra notte, all’età di novantasei anni si è spenta una mente davvero geniale. Una mente senza paragoni, sempre avanti con i tempi, capace di dettare le sorti del suo paese. Una mente lucida sino all’ultimo istante. La mente di un uomo enigmatico dai tanti risvolti e dai molteplici misteri che lo circondavano e ancora oggi sono racchiusi nell’oblio. Come pure le condanne, le assoluzioni, le archiviazioni e le dichiarazioni di non processabilità che sono piovute sulla sua testa e avvolte ancora nella nebbia. Il nome del Venerabile capo della loggia massonica coperta Propaganda 2 (P2), Licio Gelli, compare su tutte le pagine di cronaca nera italiana con un fornito dossier d’inchieste che lo vedono coinvolto: dall’inchiesta sulla stessa Loggia P2 alla strage di Bologna, al crac del Banco Ambrosiano, dalle sovvenzioni illecite al PSI di Craxi e Martelli al finanziamento a favore di organizzazioni eversive neofasciste di estrema destra. Fu uno tra i 126 imputati al processo su presunti collegamenti tra il mondo politico, quello imprenditoriale e la mafia. Poi si parla che sia stato ascoltato come persona informata dei fatti anche sul caso Moro, sul delitto del giornalista Pecorelli, sul mancato golpe Borghese, sul crac di Michele Sindona, sui contatti con i servizi segreti, sullo scandalo petroli e via discorrendo. Parlare di Licio Gelli vuol dire anche parlare di un uomo politicamente di estrema destra, come si è sempre dichiarato lui, un uomo nato sotto il fascismo, che ha studiato sotto il fascismo, che ha combattuto per il fascismo e che, ha detto, morirà come tale. Sono state le rivelazioni da lui rilasciate nel 2008 a una trasmissione dedicata ai segreti d’Italia andata in onda su OdeonTv. E sempre su OdeonTv ha espresso il proprio parere sulla politica attuale – chiaramente di quel momento – affermando che, secondo lui, l’unico politico in grado di poter andare avanti fosse Berlusconi, sottolineando che lo fosse no perché era stato un iscritto alla Loggia P2, ma perché riteneva che avesse la tempra di grande uomo e che ci avesse sempre saputo fare. Nella stessa trasmissione, ha confessato anche che inizialmente aveva riposto molta fiducia in Fini, poiché veniva dalla scuola di un grande maestro, Giorgio Almirante, e quindi aveva creduto che questo giovane politico fosse obiettivo, ma che poi non era più dello stesso avviso perché aveva ritenuto che Fini fosse cambiato, come effettivamente sembra che sia accaduto. Licio Gelli, è stato un uomo che, all’età di appena diciotto anni, era partito volontario alla volta della Spagna per partecipare alla Guerra civile spagnola al fianco del generale Francisco Franco. Di ritorno in Italia aveva inteso subito collaborare con la federazione fascista di Pistoia. Dunque una persona con dei saldi valori; ma che, però, ci sono pagine nella sua biografia che lo ritraggono un soggetto opportunista, camaleontico: si dà il caso, infatti, che nei periodi in cui la fase nazi-fascista iniziava a traballare avesse aderito al movimento partigiano facendo il doppio gioco, per poi stringere rapporti, nel dopoguerra, con la Democrazia Cristiana. Una figura comunque con tutti i requisiti necessari per essere candidata a entrare nei nostri libri di storia. Gelli, sia durante che dopo la guerra, era riuscito a creare un intreccio di legami con importanti personaggi del mondo politico, istituzionale, finanziario e con parte della magistratura, da creare attorno a sé una dimensione quasi d’onnipotenza. È stato un personaggio così ermetico e così potente che persino da morto è riuscito a distinguersi dagli altri: ha ricevuto le onoranze funebri nella chiesa della Misericordia di Pistoia, dove la sua salma era stata trasportata, nonostante la scomunica ricevuta in precedenza dal diritto canonico, essendo questi appartenuto alla massoneria. Capo della Loggia P2. Lo stesso trattamento suo, in precedenza, lo avevano ricevuto soltanto due eminenti personaggi, Federico II e Vittorio Emanuele II, ovvero due re. Dunque ci troviamo di fronte ad una figura non del tutto comune, anzi quasi leggendaria, utopistica, se vogliamo, anche se realmente esistita, un grande personaggio della tempra di Don Vito Corleone, il personaggio di Mario Puzo, protagonista nel bestseller Il Padrino, che come lui, grazie alla cerchia di uomini fidati che era riuscito a mettersi al proprio fianco facendoli entrare nella P2, aveva per le mani un sistema di potere efficiente. Un potere tale da essere in grado d’influenzare persino le istituzioni, disposte ad accettare eventuali sue richieste, nel dubbio che un domani avrebbero potuto avere avuto necessità di lui. Sulla base di questo ecco far capolino un’analogia col boss di Mario Puzo, don Vito Corleone, quella di trovarsi spesso di fronte a sé gente comune, intenzionata a far carriera, in cerca d’aiuto e lui, Licio Gelli, a indicare la strada da seguire, o prendere lui a mano la situazione. E, quasi come il Padrino di Mario Puzo,  ha vissuto da uomo potente, un civile degno d’essere portato di rispetto anche da alte autorità dello Stato; e sempre da potente, il 15 dicembre 2015, poco dopo le 23, se ne andato disteso sul proprio letto, all’interno della villa di sua proprietà che aveva battezzato col nome della prima moglie: Wanda.

 Ciao Venerabile uomo, che la tua anima riposi in pace.

 

gelli


  1. Immagine fonte Google