Firenze e Prato restano senza impianti di depurazione Publiacqua chiude ‘San Donnino’: è paralisi spurgo
Toscana è di nuovo emergenza liquami. Firenze, Prato, tutta la Piana e molte province limitrofe si ritrovano di nuovo senza nemmeno un impianto dove potere andare a conferire i fanghi provenienti dallo svuotamento delle fosse biologiche di abitazioni, uffici, ospedali e immobili pubblici. Dopo le modifiche normative introdotte dalla Regione Toscana che nel giugno 2021 hanno portato alla chiusura dei cancelli dell’impianto di Baciacavallo di Gida a Prato, adesso arriva lo stop anche per Publiacqua. A seguito di una comunicazione della Regione, l’impianto di San Donnino è infatti fermo da settimane sul fronte della ricezione dei fanghi provenienti dalle aziende di spurgo.
Per il Consorzio Spurghisti Associati, che raggruppa 46 aziende del settore degli spurgo fra Firenze, Prato, Pistoia, Siena, Valdelsa e Valdarno, questo stop significa vedere bloccare senza preavviso un contratto da 1,7 milioni di euro che consentiva alle imprese del Csa di conferire 56mila tonnellate di fanghi all’anno nell’impianto di San Donnino.
“La situazione è tragica – accusa Massimo Durgoni, responsabile commerciale del Csa -. Da un giorno all’altro il settore degli spurgo si è ritrovato senza la possibilità di conferire 400 tonnellate al giorno di fanghi nell’impianto di San Donnino. Senza dimenticare che ci mancano anche 750 tonnellate di liquami a settimana che prima conferivamo a Baciacavallo. E’ incredibile da pensare, ma Firenze non ha nemmeno un impianto attivo per la ricezione dei fanghi degli spurgo, anche perché quella che fu definita imminente apertura dell’impianto di San Colombano, si è poi trasformata per lungaggini burocratiche in un’ulteriore promessa non mantenuta. E Prato può contare solo sul Calice, che è chiaramente insufficiente per potere soddisfare le esigenze dell’intera area metropolitana”.
Cosa si rischia adesso? Il settore degli spurgo minaccia di nuovo lo sciopero generale, come già avvenuto nell’ottobre 2018. Il passo successivo potrebbe essere addirittura la sospensione totale del servizio di svuotamento delle fosse biologiche. Un elemento che assume contorni ancora più critici se si pensa che siamo in estate, uno dei periodi più gettonati da uffici, condomini e abitazioni per svuotare le fosse biologiche.
“La cosa che dà più fastidio – prosegue Durgoni -, è che nessuno in queste settimane da Publiacqua si sia preoccupato di chiamarci per informarci sull’evoluzione della situazione. Si sono limitati a inviarci una mail, comunicandoci la chiusura dell’impianto. L’amministratore delegato Saccani ci ha completamente ignorato, nonostante Publiacqua fosse inadempiente sul contratto firmato nemmeno un anno fa”.
Per il momento le aziende degli spurgo stanno cercando di tamponare l’emergenza conferendo i fanghi a Lucca e a Santa Croce: questo però significa maggiori costi, più rischi nei trasporti dei liquami e naturalmente maggiore inquinamento a causa degli spostamenti più lunghi. Una situazione d’emergenza già denunciata dal presidente di Confindustria Toscana Nord, Daniele Matteini che si è appellato alla Regione per chiedere di ‘semplificare le procedure’ in materia di depurazione.
“In Toscana servono impianti che ci consentano di lavorare – conclude Durgoni -. Anche perché in questo momento noi aziende del settore degli spurgo siamo le uniche che stanno realmente difendendo i diritti della cittadinanza, sobbarcandosi aumenti continui. Solo per fare un esempio, il gasolio ci costa l’80% in più. A noi non interessa sapere chi sia il colpevole di questa situazione, ma vogliamo solo che Firenze torni ad avere un impianto di depurazione pienamente funzionante. Altrimenti dovremo iniziare a dire alle famiglie, alle amministrazioni comunali e ai servizi di pubblica utilità che non possiamo andare a svuotare le loro fosse biologiche. Chiediamo urgentemente l’apertura di un tavolo di trattativa fra Regione Toscana, Publiacqua, Arpat e Consorzio Csa per superare lo stallo. Il rischio paralisi del settore è altissimo”.