GIORGIO ALMIRANTE (Msi), una destra che parla al cuore della gente
«Vorrei tanto che, quando non ci sarò più, si dicesse di me quello che Dante disse di Virgilio: “facesti come colui che cammina di notte, e porta un lume dietro di sé, e con quel lume non aiuta se stesso. Egli cammina al buio, si apre la strada nel buio ma dietro di sé illumina gli altri”». Si tratta di una delle tante retoriche del più grande oratore politico italiano del dopo guerra: Giorgio Almirante.
Biografia – Laureato in lettere, Giorgio Almirante è stato il padre della Destra italiana, una Destra leale, democratica e persino cavalleresca. Le sue radici affondano nel fascismo, un partito scomparso ma ancora oggi molto discusso e combattuto da idee divergenti. Giorgio Almirante proveniva da una famiglia di origine aristocratica, e gli Almirante erano stati duchi di Cercepiccola, quando ancora il comune molisano si chiamava Cerza Piccola, 1691.
Nato a Salsomaggiore Terme il 27 giugno del 1914, e cresciuto in piena epoca fascista, giovanissimo aderì al partito di Mussolini, partecipando alla Seconda Grande Guerra e, anche alla distruzione del Partito Fascista, Almirante mai lo rinnegò, continuando anzi a rimanere fedele a Mussolini nonostante che nel 1943 il Duce fosse stato sfiduciato e incarcerato al Gran Sasso.
E non lo ha fatto neppure quando – durante i penosi “anni di piombo” – essere fascisti veniva considerato quasi come un “peccato capitale”. Almirante non ha mai rinnegato il proprio credo politico.
Alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, dal punto di vista politico e non solo, furono anni molto duri per quanto potesse essere rimasto del Partito Fascista e dei suoi sostenitori, e pertanto Almirante, pur non essendo ufficialmente ricercato, scelse di restare in clandestinità per salvaguardare la propria incolumità. Quando si dice il caso, trovò ospitalità e rifugio presso una famiglia ebrea che lui stesso aveva salvato durante il periodo delle politiche persecutorie sull’antisemitismo.
Nel settembre 1946 intraprese a Roma un’intensa attività politica, partecipando alla costituzione del Movimento Sociale Italiano (MSI). L’anno successivo, l’MSI partecipò alle elezioni comunali di Roma e Il 17 settembre dello stesso anno, Giorgio Almirante – ancora non segretario del Partito – tenne nella Capitale un comizio in Piazza Ungheria. Ma Il comizio fu interrotto dai tumulti degli oppositori, che assalirono il palco, dando vita a una violenta rissa, al punto che le forze dell’ordine dovettero intervenire per sedare gli scontri.
All’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, a causa delle vicissitudini dovute anche al fascismo, gli animi politici e popolari erano fortemente ostili ai partiti di destra, al punto che i comizi pubblici del Movimento Sociale Italiano venivano aspramente impediti. E l’ultimo comizio, tenuto il 10 ottobre del 1947 a piazza Colonna, si consumò in una vera e propria battaglia di piazza fra appartenenti e simpatizzanti missini e la fazione contendente.
Ancora una volta, come a piazza Ungheria, le forze dell’ordine si trovarono costrette ad intervenire, e questa volta in maniera ancora più massiccia, per sedare il putiferio e ristabilire l’ordine, ma questa volta, l’ex federale di Rieti del PNF, Pasquale Lugini, ci perse la vita.
Alle elezioni, tuttavia, il Movimento Sociale Italiano ottenne un inaspettato successo, riuscendo a far eleggere tre consiglieri comunali, che appoggiarono poi Salvatore Rebecchini, della Democrazia Cristiana, alle elezioni a sindaco, che si contrapponeva al candidato di sinistra.
Nel novembre 1947 Salvatore Rebecchini uscì vincitore dalle urne, ma poco prima che questi si insediasse come sindaco, fu diffuso dalla Questura un comunicato che accusava Giorgio Almirante di apologia al fascismo per il discorso pronunciato il 10 ottobre a piazza Colonna, se non che il 4 novembre 1947 gli fu inflitta una condanna di 12 mesi di confino.
La destinazione per Almirante era Salerno, ma al suo arrivo a destinazione il questore della città gli comunicò che la condanna era stata revocata.
Il duro lavoro sostenuto dallo stesso Giorgio Almirante e dall’intero gruppo del Movimento Sociale Italiano, in vista delle politiche del 1948, garantì al Partito la fiducia del 2% degli elettori in Parlamento. Si trattò di un enorme successo se considerassimo che lo stesso Giorgio Almirante, pur avendo avuto nel suo calendario molti comizi pubblici da tenersi in giro per l’Italia, si trovò di fronte l’ostracismo dei militanti comunisti che, con interventi violenti, riuscirono ad impedire molti di questi.
Agli inizi della Seconda Guerra Mondiale la destinazione di Giorgio Almirante fu la Sardegna con il grado di ufficiale di complemento, ma chiese ed ottenne la promozione come corrispondente di guerra, dove partì per la Libia e partecipò alla Campagna del Nordafrica, al seguito della Divisione 23 marzo delle Camice Nere.
In quel periodo scrisse molti articoli che apparvero sul quotidiano fascista romano “Il Tevere”, dove però adottò uno stile di scrittura più asciutto e concreto rispetto a quello classico e retorico del fascismo.
Da parlamentare – Almirante venne eletto deputato nel 1948, fin dalla prima legislatura, vi rimase fino alla sua morte, Roma 22 maggio 1988. Fu segretario del MSI dal 1947 al 1950, sostituito da Augusto De Marsanich perché ritenuto dai membri missini, capeggiati da Michelini, ancora troppo compromesso col fascismo, quando invece sarebbe stato necessario dare una svolta al partito che consentisse di acquisire fiducia fra elettori moderati.
Nel 1969, alla morte del segretario Arturo Michelini, Almirante tornò in sella al suo partito, dopo che la destra si era ridotta ai minimi termini. Ma riprese la redini del Movimento Sociale poco tempo prima dell’attentato a piazza Fontana, che provocò la morte di 17 persone e il ferimento di altre 88. Si trattò di un attacco dinamitardo avvenuto il 12 dicembre del 1969 nella piazza centrale di Milano, sei mesi dopo il ritorno di Almirante alla guida dell’Msi.
Furono tuttavia gli anni della strategia della tensione ed è lo stesso Almirante a disprezzare, o quanto meno, a non guardare con apprezzato elogio l’integralismo politico né dell’uno e né dell’altro schieramento. Il suo obiettivo è sempre stato quello di cavalcare l’onda moderata allo scopo di arenare quelle funeste passioni politiche che motivavano l’emotività delle persone per trascinarle nella violenza e nel terrorismo.
Ed anzi, è lo stesso leader del Movimento Sociale ad essere intransigente sul fronte eversivo, lanciando poi messaggi che denunciano forze oscure che tentano, secondo lui, di coinvolgere il suo partito nelle azioni sovversive del terrorismo.
Dietro a quanto ha affermato Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto Quotidiano, durante gli anni di piombo vissuti dall’Italia, pare che il senso di responsabilità per il bene della Nazione abbia spinto Almirante ad incontrarsi segretamente con l’altrettanto giudizioso leader del Pci Enrico Berlinguer, al fine di trovare una soluzione alla drammatica situazione sociale del Paese che vedeva mietere vittime in continuazione.
Erano i periodi in cui l’onorevole Aldo Moro (Maglie, 23 settembre1916 – Roma, 9 maggio1978) era stato prima rapito e poi ucciso; e dietro a tale sequestro lo stesso Enrico Berlinguer non poteva ignorare che ci fossero state le Brigate Rosse, come lo stesso Giorgio Almirante non poteva fingere di non sapere che dietro a talune azioni violente ci fosse la mano anche del NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). I due leader decisero di parlarsi in assoluta segretezza, e lo fecero in più occasioni.
Giorgio Almirante negli anni ’80 – È a luglio del 1984 che Almirante annuncia la sua volontà di lasciare la segreteria del partito per ragioni di salute in occasione del prossimo congresso nazionale. Ma sono gli stessi militanti del partito a supplicarlo unanimemente di non farlo, riuscendo a convincere il “guerriero missino” a non mollare la presa del partito.
L’anno successivo il Msi-dn ottiene il suo massimo storico nelle elezioni regionali, il 6,5%; e a Bolzano, nelle comunali, diventa clamorosamente il primo partito del capoluogo di provincia. Ottimo successo l’ottiene, nel giugno dell”86, anche alle regionale siciliane.
Tuttavia, ad agosto dello stesso anno, Almirante fu colto da malore e ricoverato nella clinica romana di villa del Rosario.
È l’anno successivo che l’Msi-dn vede calare i suoi voti al 5,9%, ma ciononostante continua a rimanere un partito radicato un po’ in tutto il Paese.
Il 6 settembre el 1987, in occasione della festa Tricolore di Mirabello (Ferrara), Almirante consacra le proprie dimissioni da segretario del partito e presenta il suo successore, il giovane Gianfranco Fini.
Ma la scelta di Almirante trova una massiccia opposizione all’interno del partito, la vecchia guardia la prende in maniera gelida. Non è facile vedersi scavalcare da un poco più che ragazzo (35 anni) ancora, secondo la sua opinione, non assodato alla politica. Di diverso parere è quello della nuova generazione del Movimento Sociale Italiano.
Il 24 gennaio del 1988 Almirante viene eletto presidente del partito per acclamazione, dalla maggioranza del nuovo comitato centrale, ma l’incarico lo mantiene per soli 4 mesi perché il 22 maggio 1988 Giorgio Almirante si spegne dopo mesi di sofferenze e di ricoveri.
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