Greta Caserta: la delicatezza di saper come andare “Oltre”
È decisamente un ricamo antico, leggero, elegante. È qualcosa di cui aver cura e attenzione nel maneggiarlo. Un disco come “Oltre”, esordio di Greta Caserta, è raffinato di suoni piccoli ma puntuali, di soffici soluzioni che si accomodano e trovano pace nella scrittura pop evocativa, quasi fiabesca, di riverberi che colorano con carattere. Tra inglese e italiano, tra le misure che abbiamo di noi stessi quando scendiamo a patti con la vita. Mi piace molto questa lettura riascoltando queste canzoni avendo ben chiaro in mente il significato di questa parole: oltre.
La musica da seguire per trovare verità. Sto citando “Il silenzio” in qualche modo: secondo te il suono, l’arte, quanto aiuta a guidarci in questo? Quanto ha aiutato te?
La musica, come credo ogni tipologia di arte, aiuta a guardarsi dentro, ci dà la possibilità di essere ciò che siamo. Aiuta a scavare in profondità.
E questo suono di piccolissime cose… che significa oggi “verità” visto quanto stiamo colorando di eccessi la vita. O sbaglio?
La verità non è assoluta, ma diversa per ognuno. Ognuno dovrebbe quindi andare in cerca della propria personale verità. Lo si fa per stare meglio con sé stessi e, di conseguenza, anche insieme agli altri.
E dunque finiamo dentro le trame di “I Heard You” che penso sia il manifesto di questo disco. Ma poi “Oltre” non significa anche l’alterità da se stessi?
“I Heard you” è un brano strettamente autobiografico, dove mi rivolgo ad una persona che in realtà sono sempre io. Come se parlassi allo specchio. Oltre è un orizzonte a cui si tende, un luogo che si cerca di raggiungere, quindi sì, si tratta anche del mondo esterno a noi e non solo del nostro mondo interiore
Domanda di rito: perché l’inglese? Non ti sembra di venir meno ad una certa identità?
Ognuno di noi è ricco di sfaccettature. Sono tutti questi colori e riflessi che creano la nostra identità. L’inglese è un linguaggio che mi è sempre piaciuto e che fa parte del mio percorso musicale. Dunque perchè dovrebbe indebolire la mia identità?
Che poi soprattutto in inglese sfoggi una certa vena Rock d’autore… pensi potrebbe essere anche questa la vena del disco? E sto pensando molto al brano “Sei Your Face”…
§Sinceramente non mi sono mai sentita molto rock. Ma se da questo brano emerge una vena rock, ne farò tesoro.
Pensi sia stato necessario una certa dose di dolore per emanciparsi in un disco simile? In genere serve dolore per l’arte?
Ammetto che il dolore spesso è il motore dell’arte. In questo disco, buona parte dei brani è nata da situazioni di sofferenza. Dolore in senso lato, ovviamente. Ne fanno parte molte sensazioni, tra cui insicurezza, inadeguatezza, ansia, rabbia, sconforto.