Il brigadiere Metello Mazzei, dato per disperso, ritorna nella sua Montemurlo dopo 78 anni. Calamai:« Morì per i valori di libertà, giustizia e pace, fondamento della nostra democrazia»
Il brigadiere Metello Mazzei, dopo 78 anni dalla sua morte avvenuta il 3 marzo 1944 a soli 23 anni nel campo di concentramento per prigionieri di guerra di Dorsten in Germania, è ritornato a casa. I resti del giovane carabiniere montemurlese, dato per disperso dai familiari, sono rientrati stamani a Montemurlo. A presiedere al trasferimento della piccola bara del giovane montemurlese dalla caserma Perotti di Coverciano, dove i resti erano stati rimpatriati nei giorni scorsi dal cimitero militare italiano d’onore di Amburgo, è voluto essere presente il sindaco Simone Calamai, in rappresentanza della comunità montemurlese, accompagnato in forma ufficiale dalla comandante della polizia municipale, Enrica Cappelli e dal gonfalone comunale.
«Oggi vivo una grande emozione perché torna a casa un montemurlese, un nostro giovane concittadino che ha vissuto gli orrori della deportazione e della seconda guerra mondiale. – ha sottolineato il sindaco Simone Calamai – Metello Mazzei decise di non collaborare con i nazisti e morì per i valori di libertà, giustizia e pace che sono a fondamento della nostra repubblica e democrazia. In un momento così delicato per l’Europa con una guerra alle porte, è estremante importante ricordare e riflettere sulla storia di Metello e onorarne la memoria»
Dopo una breve cerimonia religiosa alla presenza del cappellano della Legione Toscana dei carabinieri, un drappello militare ha reso gli onori al brigadiere di cui, dopo l’armistizio del 1943 si erano perse le tracce. La piccola urna di legno, avvolta nel tricolore, e sormontata dalla “lucerna” dei carabinieri reali a cui apparteneva Metello, è stata affidata nelle mani nel nipote, Giuliano Mazzei, e quindi su un carro funebre, messo a disposizione dalla Misericordia, ha raggiunto la pieve di San Giovanni Decollato alla Rocca. Alla cerimonia di consegna dei resti del sottufficiale erano presenti il generale di Brigata Michele Vicari, il comandante provinciale dei carabinieri di Firenze, Gabriele Vitagliano e Gianluca Messineo, presidente dell’Associazione nazionale carabinieri di Montemurlo e vero artefice del ritrovamento del brigadiere Mazzei.
Un picchetto di carabinieri in alta uniforme ha accolto l’arrivo a Montemurlo del brigadiere Mazzei, classe 1920, nella cui storia, quasi fortuitamente, nel 2018 si è imbattuto Gianluca Messineo, studioso della storia dell’Arma e autore del libro «Mio nonno era un carabiniere». Durante alcune ricerche negli archivi storici dell’Arma, ha trovato un foglio ingiallito con i nomi di 95 ex internati toscani, morti nei campi di concentramento nazisti e tra questi, quello del montemurlese Metello Mazzei. Da qui l’inizio di una ricerca condotta con tenacia che ha consentito il ritrovamento del luogo di sepoltura del giovane soldato, la ricostruzione della sua storia e quindi l’organizzazione del rientro in patria. Metello, come ricostruisce Messineo, di fatto morì di fame, arrivando a pesare 35 kg e nutrendosi esclusivamente di zuppe di rape e bucce di patate. «Metello – conclude Gianluca Messineo – è colui che pagò a caro prezzo la sua voglia di libertà e che ci dice, in un momento così difficile in cui sembra prevalere l’egoismo di pochi a danno di molti, quanto le guerre siano una reale follia. Metello ci dice che ciò che realmente conta è la dignità della persona che deve essere messa sopra ogni egoismo speculativo. Un ragazzo come tanti, pieno di sogni, a cui è stato tolto tutto e che ha deciso di perdere tutto in nome di un bene superiore: la nostra libertà. Poteva scegliere ma non volle collaborare con i nazisti».
Al funerale erano presenti il comandante provinciale dei Carabinieri di Prato, Francesco Zamponi e tante associazioni d’arma e di volontariato montemurlesi. Tra loro, visibilmente commosso c’era anche il centenario Dante Nesi, amico di gioventù di Metello Mazzei, entrambi contadini nella zona di Marucello (dove ora sorge la tenenza dei carabinieri di Montemurlo) ed entrambi arruolati come carabinieri. Tanta partecipazione anche tra i parenti di Metello Mazzei, i nipoti Giuliano, Giuliana, Moreno e Stefania (che non ha potuto partecipare alla funzione), che dopo quasi ottant’anni hanno potuto finalmente mettere un fiore sulla tomba di quello zio paterno, mai conosciuto, che era considerato disperso.
I resti del brigadiere Mazzei sono poi stati tumulati al cimitero della Rocca, nello spazio riservato ai caduti delle guerre mondiali. Nei prossimi giorni sarà poi inaugurato un monumento, commissionato e finanziato dall’Associazione nazionale carabinieri di Montemurlo, per ricordare Metello e tutti gli altri giovani carabinieri morti in guerra.
LA STORIA DI METELLO MAZZEI – Mazzei Metello, figlio di Pietro e Lilia Barni, era nato il 9 luglio 1920 a Montemurlo. Celibe e di mestiere contadino, risiedeva a Montemurlo. Brigadiere dei Carabinieri Reali della Legione Genova, venne fatto prigioniero dai tedeschi il 9 settembre 1943 a Tirana (fronte albanese) e internato come I.M.I. (Internato Militare Italiano) nello Stalag VI D di Dortmund, dove gli venne assegnato il numero di matricola 54273. Fu poi trasferito allo Stalag VI F di Bocholt e poi, il 21 febbraio 1944, decentrato presso il Comando di lavoro n° 722. Infine venne trasferito allo Stalag VI J/Z di Dorsten dove si ammalò di tubercolosi. Fu così ricoverato presso il Campo ospedale per prigionieri di guerra di Dorsten, dove morì il 3 marzo 1944. Inumato in prima sepoltura nel riquadro italiano del Cimitero comunale St. Pauli di Hervest (Dorsten), nella seconda metà degli anni Cinquanta il Ministero della Difesa riesce a rintracciarne le Spoglie, le fa esumare e traslare nel Cimitero militare italiano d’onore di Amburgo (Öjendorf): riquadro 2, fila W, tomba 45.