IL MONDO STA TREMANDO, E L’EUROPA È UNA MIRA DI BREVE RAGGIO PER I MISSILI NORDCOREANI

di Roberto Fiordi

È quanto possiamo apprendere dalle affermazioni rilasciate dalla ministra francese della Difesa, Florence Parly, a Tolone nel corso di un intervento dinanzi ai militari. «Lo scenario di una escalation verso un grande conflitto non può essere scartato», sono queste le sue dichiarazioni, intanto che Vladimir Putin ritiene che le sanzioni contro la Corea del Nord siano inutili e non efficaci, e che un conflitto potrebbe portare a una catastrofe globale. Ma, «L’Europa rischia di essere alla portata dei missili di Kim Jong-un prima del previsto», aggiunge la ministra.

Anche la Corea del Sud sta sul chi va là, proseguendo decisamente con le attività marittime in risposta alle continue provocazioni da parte del dittatore Kim Jong-un.

Il comandante del 13esimo Gruppo navale, Choi Young-chan, ha spiegato che le esercitazioni hanno lo scopo di migliorare le loro capacità di risposta immediata nei confronti delle provocazioni navali da parte dei nordcoreani. E si dice certo che, qualunque possa essere la provocazione che riceva, sia sull’acqua che sotto, la reazione in mare sarebbe istantanea e distruttiva.

Alla voce del Capo del governo russo si è aggiunta anche quella della cancelliera tedesca Angela Merkel, quando ha detto che l’Europa ha una voce importante nel mondo e che la deve usare; e ha poi sottolineato che ci possa essere solo una soluzione diplomatica e pacifica per la quale ci si deve impegnare con tutte le forze. Ha fatto sapere, inoltre, che la Germania s’impegnerà in Europa affinché in Ue vi siano sanzioni contro la Corea del Nord.

La minaccia di Pyongyang è stato comunque il primo problema che Barack Obama aveva messo sul tavolo dinanzi a Donald Tramp al momento che lasciava la Casa Bianca, dicendogli di prendere subito in considerazione quanto stava accadendo a circa 6mila miglia di distanza. Durante la presidenza Obama, gli Stati Uniti avevano già tentato di sabotare i programmi missilistici nordcoreani attraverso il lancio di una serie di attacchi cibernetici contro il programma della Corea del Nord.

Sono trascorsi 3 anni da quando, l’allora presidente statunitense, Barack Obama, aveva ordinato in gran segreto al Pentagono di sabotare  i test missilistici del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, ma tale manovra non ha fatto altro che rinforzare il sistema difensivo di Pyongyang e posticipare di qualche anno il momento in cui la Corea del Nord si sarebbe sentita in grado di minacciare tutto l’Occidente con il suo arsenale nucleare.

È probabile che, nonostante le minacce nordcoreane sfociate nel lancio dei missili balistici a medio raggio finiti nel mare del Giappone, e che hanno fatto infuriare tutti i paese asiatici, la situazione sia stata troppo sottovalutata, perché il leader nordcoreano ha dimostrato di essere stato in grado di ultimare il test dei missili balistici intercontinentali ed essere pronto a qualsiasi cosa.

Angela Merkel e Donald Trump, in una telefonata, hanno affermato che bisogna aumentare la pressione internazionale sulla Corea del Nord e il consiglio di sicurezza dell’Onu deve ratificare velocemente nuove e più severe sanzioni; e anche il presidente sudcoreano Moon Jae-in, a pochissimo tempo da un nuovo probabile test nucleare, sembrerebbe il sesto, durante una telefonata con Vladimir Putin, ha sostenuto che sia giunto il momento affinché l’ONU adotti misure restrittive più severe nei confronti di Pyongyang, ovvero “considerare i modi di bloccare le fonti di valuta estera, includendo lo stop alle forniture di petrolio e all’export di forza lavoro”.

Tuttavia, il risultato negoziale  del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dipenderà pure dalle decisione di Pechino sull’embargo petrolifero anche parziale, è quanto ha lasciato intendere il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Geng Shuang.