Interrogatorio di cinque ore per il sindaco Matteo Biffoni sul fallimento CREAF che lo vede coinvolto

Cooperazione colposa in bancarotta, è l’accuse che ha fatto finire il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, sul registro degli indagati sull’inchiesta Creaf (Centro di ricerca e alta formazione), un centro mai aperto ma ugualmente fallito lo scorso anno e costato 22 milioni di finanziamenti pubblici.

Dopo l’avviso di garanzia, ricevuto venerdì 20 aprile, con invito a comparire, Matteo Biffoni, nel ruolo di presidente della Provincia di Prato e sindaco, nel primo pomeriggio di ieri, martedì 12 gennaio, si è presentato al Palazzo di giustizia in compagnia dei suoi legali, Giuseppe Nicolosi e  Pier Matteo Lucibello, per essere ascoltato dal sostituto procuratore Lorenzo Boscagli. L’interrogatorio a Matteo Biffoni si è concluso intorno alle ore 20.00.

L’imputazione a suo carico verge sull’ipotesi che di fronte a una situazione economica e finanziaria – quale quella del Creaf – già intaccata e oramai sull’orlo del tracollo, la Provincia, in qualità di socio di maggioranza, abbia insistito a tenere in vita il progetto anziché gettare la spugna. Una manovra azzardata costata 22 milioni di finanziamenti pubblici in 12 anni. Tanto spreco di denaro pubblico.

Tuttavia il sindaco di Prato ha risposto a tutte le domande di un interrogatorio durato 5 ore e per di più ha ribadito che nel 2015 c’erano stati segnali che hanno dato modo di credere che il traguardo dell’inaugurazione potesse essere raggiunto, e in questo modo avrebbe così respinto le contestazioni di aver continuato a credere nel debutto del Centro di ricerca e alta formazione. 

L’inchiesta della procura conta altri otto indagati: Lamberto Gestri, che ha preceduto Biffoni alla guida della Provincia, poi gli ex vertici del Creaf, Luca Rinfreschi (dimessosi nel 2014) e Laura Calciolari, e quindi altri amministratori della società.