La fuga dei giovani della messa: la stella della Chiesa non brilla più.

In un paese tipicamente cristiano come storicamente può essere definito l’Italia, con circa l’80% della popolazione che si qualifica tale, di cui il 74,5% di confessione cattolica e il restante 25,5% di altre dottrine cristiane, i dati statistici quantificano un’inarrestabile emorragia di fedeli dalle celebrazioni eucaristiche settimanali in meno di due decenni. Per la Chiesa si tratta di una sostanziale perdita di persone  che si è quasi dimezzata negli ultimi diciotto anni. È la drammatica realtà di una Comunità di credenti sempre più scolorita, tanto da tradursi persino in casi limiti come quello accaduto a Venezia, il 16 aprile 2017, alla chiesa di Sant’Erasmo dove, in occasione della Santa Pasqua, una targa affissa all’entrata dell’edificio parrocchiale, riportava: “La Santa Messa è sospesa per mancanza di fedeli“. E ciò non fa che indicare il perpetuarsi di uno  smarrimento di partecipanti sempre più diffuso, tanto forte da costringere il parroco stesso, don Mario Sgorlon, non solo ad affiggere l’insegna sul portoncino della chiesa per annunciare la sospensione del rito, ma persino a divulgare sullo stesso manifesto la sua amara decisione di celebrar messa solo su prenotazione.

Quanto accaduto nell’isoletta della laguna veneziana non è però un caso isolato, perché la cometa della Chiesa Cattolica non brilla più come faceva un tempo, e ciò lo dichiarano le indagini che hanno monitorato l’affluenza alla pratica religiosa del Paese. Certe analisi osservano preoccupate un trend di partecipanti ” in continua decrescita, che passa – secondo i dati IStat – dal 34,3% del 2005 al 17,9% del 2023. Una perdita che è andata rafforzandosi anno per anno di circa l’1%, fino ad arrivare a dimezzarsi in meno di un ventennio. Lo stesso report trasmette inoltre il rilevante aumento di persone che nell’arco dell’intero anno non hanno mai messo piede in chiesa, passando dal 16,3% al 31,5% nelle suddette date: quasi raddoppiato. Una discesa a precipizio che mostra alla Chiesa un orizzonte di giovani sempre più distante. Un orizzonte che coinvolge addirittura il mondo femminile, quel mondo cioè che per tradizione è sempre stato più legato ai sacramenti di quello maschile, ma che oggi si è imbarcato nel medesimo bastimento.

Dietro la situazione di delezione cromosomica fatta di giovani che non si riconoscono più nella tradizione religiosa o in una Fede entro cui racchiudere le proprie speranze e le proprie sofferenze, non vi è una sola spiegazione ed è proprio il mondo ecclesiastico a cercare per primo i dovuti riscontri. E senza volersi nascondere dietro a un dito, è  consapevole che tra le molteplici risposte da accettare, vi è pure quella che persino la Chiesa stessa abbia le proprie colpe. E una di esse potrebbe essere legate ad un mondo che cambia troppo rapidamente e che la Chiesa non è in grado di stare al suo passo. E forse un buon inizio potrebbe essere quello di prendere come esempio l’azione che hanno fatto alcuni sacerdoti approdando su taluni social, come TikTok, per spiegare la religione. 

L’impetuoso distacco dalla messa domenicale, per molti matura subito dopo il sacramento della Cresima, per altri invece addirittura dopo quello della Prima Comunione, e ciò trova soprattutto consonanza con l’assenza degli essenziali principi di fede non più tramandati che partecipano al continuo fluire nelle sabbie mobili dell’indifferenza sul cantone religioso. Dunque la causa non sarebbe da ricercarsi soltanto nelle nuove generazioni fatte di giovanissimi e adolescenti inghiottiti nell’argilla dell’apatia spirituale, bensì anche nelle generazioni più mature. È stato rilevato, infatti, che con il diffondersi del benessere in tutti gli stadi della società Occidentale, il sentimento umano si è materializzato. Il pensiero dell’uomo si è spinto maggiormente sul godimento a pieno dei beni terreni a scapito dei valori spirituali.

La mentalità odierna vorrebbe che la Chiesa accettasse quei “peccatucci” di gola, di superbia, di lussuria, di avarizia eccetera, perché ritiene che tali violazioni tanto gravi non lo siano, ma la Chiesa non può accettare un “Dio a modo mio” (come riporta il titolo del libro di Rita Bichi e Paola Bignardi ); cioè un Dio a proprio uso e consumo come ognuno vorrebbe.

Secondo il concetto teologico, sono gli uomini ad essere di Dio e non Dio degli uomini e dunque la volontà Divina è una e una sola, come anche riportano le Sacre Scritture nel Libro dei Numeri (23:19): Dio […] non è figlio dell’uomo da potersi pentire; e nella Lettera di Giacomo (1:17): ogni dono perfetto viene dall’alto […] non c’è variazione né ombra di cambiamento. Semplici frasi per indicare che la parola di Dio non cambia nel corso della storia.

Tale questione trova riflesso anche su chi vorrebbe una Chiesa più aperta ed accogliente, in particolar modo nei riguardi dei credenti che fanno parte delle comunità denominate LGBT (acronimo per designare l’insieme delle minoranze sessuali), tuttavia il Signore apre le porte a tutti, lui ama i propri figli e pertanto anche la Chiesa è aperta. Lo stesso papa Francesco concluse una sua dichiarazione inerente all’argomento dicendo: «[…] Se una persona è di buona volontà, chi sono io per giudicare?». E il tema andrebbe forse affrontato non guardano direttamente negli occhi il singolo appartenete  alla comunità LGBT quanto più all’ideologia in sé stessa.

Presupponendo che ci possano essere opinioni contestabili dettate dal relativismo, è opportuno precisare che la Chiesa non è tenuta a fare obiezioni per il riconoscimento di uguaglianza tra esseri umani nel rapporto religioso, razziale e sessuale nei suoi aspetti, ma che anzi è favorevole al reciproco rispetto etico e sociale, non può però abrogare la parola di Dio e i suoi schemi per cedere convenzionalmente al riconoscimento di unioni tra persone dello stesso sesso. È la Bibbia stessa a riportare che non vi possano essere relazioni carnali tra individui dello stesso sesso: Levitico (18:22), Lettera ai Romani (1:26-27), Prima Lettera ai Corinzi (6:9). E dunque, in fede a quanto è scritto nel libro delle Sacre Scritture, è doveroso da parte del Clero appellarsi anche agli studi scientifici di genere (teoria gender secondo un neologismo cristiano) secondo cui un ragazzo e una ragazza non sarebbero diversi se non fossero stati famiglia e società a renderli tali, giacché si tratterebbe di una diseguaglianza che avrebbe avuto inizio già dall’età infante dei soggetti. La teoria gender prevede quindi che il problema andrebbe risolto alla radice, senza che nessuno imponga al maschio di essere maschio e alla femmina di essere femmina; e per di più, per facilitare la risoluzione a questa situazione, appoggiarsi anche alle scuole, dove poter insegnare che anche il padre può indossare una minigonna, sporcarsi le labbra di rossetto, e con una borsetta a tracolla andare a fare il babysitter, mentre la madre, armata di scarponi, mestola e secchio, scendere dal camion, scaricare da esso tutto l’occorrente e quindi darsi alla manovalanza. Ma è forse questo ciò che il mondo vorrebbe?  Davvero il mondo vorrebbe che il neonato possa avere due mamme o due papà? È forse questo ciò che la scuola dovrebbe insegnare?

Comunque ognuno la pensi, sono cose che la Chiesa non può accettare. Recita la Bibbia nella Lettera ai Romani (1:24-27) che diventiamo omosessuali a causa del peccato che siamo noi esseri umani a sceglierlo: Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore […] poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna…  

Fermo restando che La misericordia Divina è immensa e caritatevole, e che Dio ama ogni sua creatura, anche a giudizio del Clero nessuno di noi è in grado di giudicare, come dice anche il gesuita vescovo di Roma Jorge Mario Bergoglio. E perciò è essenziale che la fede perseveri in ognuno e che permanga anche la fiducia nella Chiesa come istituzione educativa, nei sacramenti e nel dovere della confessione.

«Chi è senza peccato scagli la prima pietra.»