L’ITALIA DEI FURBETTI. LA LEGGE C’È O NON C’È? È LEGITTIMO DIFENDERSI OVVERO NON LO È?
di Roberto Fiordi
La legge sulla legittima difesa che è stata approvata giovedì 4 maggio 2017 alla Camera non è vero che allargherebbe la possibilità di difendersi da soli da possibili rapine, come il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha voluto far credere in una sua dichiarazione, perché cambia di poco da quella già in vigore. Toccherà al Senato decidere se cambiare realmente le cose sulla legittima difesa o lasciare tutto com’è approvando, appunto, la “Legge Azzeccagarbugli“.
Proprio così, ci troviamo in un Paese balocco dove nessuno è in grado di assumersi le responsabilità che gli spetterebbero. Meno di tutti lo Stato.
La legge approvata alla Camera giovedì 4 maggio 2017 non è altro che l’ennesima manciata di fumo che l’attuale governo in carica ha provato a soffiare negli occhi della gente.
Mettendo in secondo piano la ridicolezza di questa legge che prevederebbe il diritto di potersi difendere da possibili malintenzionati in casa propria o nella propria attività solo nelle ore notturne, con al seguito – per forza di cose – gli immancabili e innumerevoli sfottò nei mass media e non solo, c’è da rendersi conto di un vocabolo al suo interno che i redattori della legge hanno (forse opportunamente) usato.
La lingua italiana, una delle più belle del Pianeta, se non la più affascinante, nel suo vocabolario così ricco di termini, prevede che ci siano parole che abbiano un doppio significato e dunque una doppia interpretazione. Una di queste è proprio la parola “ovvero“.
La proposta di legge è stata ampliata per modificare l’articolo 52 del codice penale, per considerare legittima la difesa in “reazione ad un’aggressione commessa in tempo di notte ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi con violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia o con inganno”.
L’inganno della legge approvata alla Camera con 244 sì e 175 no ricade sull’ambiguità del termine ovvero, su cui pende un doppio significato sin dai tempi del grande poeta Dante Alighieri. Già nell’opera dantesca la parola ovvero la troviamo sia con valore disgiuntivo (o, oppure), che esplicativo (ossia, cioè).
E se pure è vero che in giurisprudenza il significato della parola ovvero trova maggiore applicazione nella forma disgiuntiva, ma maggiore applicazione non significa applicazione assoluta, e pertanto l’interpretazione sarà sempre nelle mani del giudice. A questo punto pare che non sia cambiato nulla dalla legge che è ancora oggi in vigore. La sentenza resta sempre a discrezione del magistrato.