Morte Marcello Martini, il cordoglio del sindaco Calamai
Mercoledì14 agosto nella sua casa in provincia di Torino, all’età di 89 anni, è morto il Marcello Martini, uno degli ultimi testimoni della deportazione e dall’aprile 2015 cittadino onorario di Montemurlo dove fu sfollato con la famiglia. Martini fu deportato a Mathausen quando aveva 14 anni e riuscì a sopravvivere a quell’inferno. Fino a quando la salute glielo ha permesso, ha raccontato alle nuove generazioni l’abominio della deportazione e dei campi di concentramento e di sterminio.« Ci stringiamo alla famiglia Martini per la scomparsa del nostro cittadino onorario Marcello. – dicono il sindaco Simone Calamai e l’assessore alla memoria, Valentina Vespi- Se ne va un uomo straordinario, un testimone lucido della Shoa, che ha saputo raccontare con profonda commozione alle nuove generazioni la sua vita nel lager tra mille privazioni e umiliazioni. La sua scomparsa ci spinge a proseguire con forza sulla strada della memoria, affinché non ci debbano mai più essere ragazzini costretti a vedere le tragedie che ha conosciuto Marcello Martini».Nell’aprile del 2015 Marcello Martini ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Montemurlo alla presenza dell’allora sindaco Mauro Lorenzini e degli studenti della scuola media “Salvemini- la Pira”. Martini, quella mattina, ai ragazzi raccontò l’impegno della sua famiglia nell’antifascismo e di suo padre, membro del Comitato toscano di Liberazione Nazionale e comandante militare per la zona di Prato “ Quando le SS entrarono nella casa di Montemurlo, dove la mia famiglia era sfollata, ero a fare i compiti di francese e all’improvviso mi trovai una pistola puntata in fronte. In pochi minuti passai così dall’essere il cocco di casa, amato da tutti, a prigioniero prima alle Murate a Firenze, poi a Fossoli per poi essere trasferito a Mauthausen in un carro bestiame”, raccontava Martini, che ha raccolto la sua storia in un bellissimo libro “Un adolescente in lager. Ciò che i tuoi occhi hanno visto”«76430: è stato questo per un anno il mio nuovo nome di battesimo. – raccontava Nonno Marcello ai ragazzi- Nel campo di concentramento non eravamo persone, ma pezzi numerati e questo era il mio numero»