OBICI: sono orizzonti solitari dell’individuo

Siamo nel futuro o nel passato? Si intitola “Solipsistic Horizon” il nuovo disco degli OBICI, al secolo Francesco Armani, polistrumentista e voce, Maurizio Viviani alla batteria. Un viaggio sicuramente, un calarsi nell’intimo di ciascuno per riconnettersi con una parte vera e profonda. E questo disco che sforna un’urgenza ragionata, poco punk forse ma molto new wave, dai rif alla U2 alle riflessioni di Peter Gabriel. E tantissimo altro ancora… compreso un brano, l’unico in italiano…

Scenari apocalittici in qualche modo… il futuro scuro e distopico ha in qualche modo ispirato questo disco?
Non credo serva aspettare il futuro per trovare oscurità e scenari apocalittici, il presente basta e avanza. Il disco parla più di una visione individualistica dell’orizzonte che ci spinge a migliorare, non ha la pretesa di analizzare la società. Questo individualismo non è egoismo, ma riscoperta di sé e della voglia di continuare a migliorare. Il messaggio è quindi costruttivo. Certo che il tutto parte da un’autoanalisi che può essere severa e forse questa severità appare un po’ oscura.

E nell’uso dell’elettronica non so bene se andare in Inghilterra o dentro il Kraft Rock tedesco… o forse altrove?
L’elettronica che abbiamo usato deriva sicuramente da sonorità analogiche che trovano origine negli albori del genere, quindi geograficamente siamo lì. C’è anche da dire che è un’elettronica fake in quanto non arriva da nessun synth: Tutte i suoni che si sentono sono derivati da chitarra e basso disintegrati da una catena di effetti. In futuro non escludiamo di usare qualche sequenza moog o simili per spingere ancora di più il suono verso questa direzione.

 

In duo tutto questo suono come vive su un palco? O avete riportato contributi esterni e registrazioni?
Dal vivo stiamo cercando la nostra dimensione. L’idea di base è quella di ridurre tutto ad un power trio di stampo quasi punk. Questa apparente semplificazione penso possa contribuire all’impatto dando al pubblico una nuova sfaccettatura del progetto e un’esperienza ulteriore.

Il futuro per voi è fatto di solitudine? Così come nel suono che ormai grazie alle macchina possiamo pensarlo complesso anche da soli?
Stare bene da soli è un prerequisito per stare bene anche con gli altri. Troppo spesso si dipinge la solitudine come qualcosa di triste mentre in realtà a volte certe convivenze forzate sono il vero inferno. Per quanto riguarda le macchine io non le temo assolutamente. Un artista che teme l’intelligenza artificiale o non conosce l’intelligenza artificiale o non è un artista. Spero anzi che le “macchine” spazzino via questi pseudoartisti da centro commerciale in quanto qualunque algoritmo può scrivere quella musica. La speranza quindi è che si tornerà a valorizzare chi crea, non chi vende.

“Catafalco” è l’unico brano in italiano. Mi arriva come quel prendere coscienza che significa anche evasione e rivoluzione… che mi dite?
Tutto quello che arriva agli altri dalla nostra musica è un valore aggiunto. L’artista perde il controllo dell’opera nel momento che la conclude. Da quel momento in poi essa è libera di parlare di ciò che vuole a chi ha orecchie abbastanza aperte per ascoltare.