Ogni benedetto giorno. Il grande cuore del sole. I The Sun in concerto a Rossano.

Ogni giorno è il giorno giusto per ricominciare e per vivere. Una grande band quella dei The Sun, una realtà artistica unica nel suo genere che coniuga il rock alla fede e che ha portato a Rossano Veneto la grande musica e il suo nuovo spettacolo “Ogni benedetto giorno”, entusiasmando, sabato 21 luglio, il pubblico corso da ogni dove per ascoltarli. “Le scelte fatte un tempo son giunte a compimento, è il cielo che difende la svolta che c’è in me. Oggi decido io, oggi sono cambiato, oggi è un giorno mio, vivo tutto d’un fiato, sento il mio coraggio, non faccio un passo indietro, oggi sono salvo, sono il mio nuovo me”. Scrive così Francesco Lorenzi nel brano ” Non ho paura”. Non solo cantante ma grande comunicatore, Francesco non ha incertezze, parla a briglia sciolta, sicuro, forte della fede che lo anima. Un percorso insolito per un rocker, una strada non facile ma quella strada che lo ha portato ad una serenità che si legge chiara dentro agli occhi, occhi trasparenti puliti, dentro al suo sorriso sincero. Originario di Schio nel vicentino Francesco (The President), nel 1997, fonda, insieme a Riccardo Rossi (Trash), The Sun Eats Hours, libera traduzione del proverbio veneto “Il sole mangia le ore”. A loro si uniscono gli amici di sempre, Matteo Reghelin (Lemma) e Gianluca Menegozzo (Boston). Anni di successi, ma anche eccessi, che li portano ad essere riconosciuti come la miglior Punk Rock Band italiana nel mondo, fino alla svolta spirituale. Nel 2008 la band cambia nome assumendo l’attuale e coinvolgendo, dal 2015, nei loro progetti un altro chitarrista, Andrea (Cherry) Cerato.

Vent’anni anni e non dimostrarli. Vent’anni che vi hanno visto calcare i palcoscenici, e non solo, di tutto il mondo. Francesco, raccontami dei vostri esordi.

Abbiamo iniziato giovanissimi, per passione. Semplicemente ci piaceva la musica punk. Non eravamo dei bravi sportivi e, come tu sai, nell’alto vicentino, o giochi a calcio e comunque fai sport o devi fare qualcos’altro e per noi la musica era un modo per stare insieme, per fare gruppo, per stare con gli amici. Questa passione poi è diventata qualcosa di più. Due anni più tardi, a 16 anni, abbiamo capito che poteva essere la nostra vita.

Cos’è successo poi, cosa ha causato la svolta?

Difficile riassumere tutto in una risposta. Avevamo grandi sogni, grandi ideali che abbiamo poi perso per strada. L’ambiente musicale in cui lavoravamo, era un ambiente dedito a vizi, anzi stravizi e anche se noi eravamo, per così dire, bravi ragazzi, chi va con lo zoppo, si sa, impara a zoppicare. Quindi in realtà, anche se professionalmente parlando andava tutto a gonfie vele, quello che facevamo si era svuotato di significato e alla fine ciò che rende un uomo felice è  un significato più profondo. Mi mancava qualcosa. Avevo la vita che avevo sognato ma chi chiedevo cos’era che non avevo capito. Da lì tutta una serie di domande che aprivano una voragine in me. Non avevo risposte. Le risposte, invece, poi sono arrivate, attraverso l’incontro con persone autenticamente realizzate, luminose, con una vita normalissima. Mi sono ritrovato, una sera di dicembre, ad un incontro di evangelizzazione. Non frequentavo la chiesa da 10 anni e non sono cresciuto in una famiglia particolarmente credente, tutt’altro, la vita parrocchiale era per me un mondo lontano. Andare ad un incontro così, tutto sommato, mi sembrava il massimo della sfiga. Invece questi ragazzi avevano una luce negli occhi che io non avevo, in loro c’era amore, amicizia, condivisione, semplicità; tutte cose che avevo perso nel mio mondo, dove invece contava l’apparire, l’esagerazione, dove eri qualcuno se avevi un nome, se assumevi certi comportamenti. Lì ho incontrato Gesù e la sua parola, mi sono messo in ascolto, e quando ti metti in ascolto, Dio ti indica la strada, una strada diversa da quella che avevo intrapreso.

La vera trasgressione è quindi, oggi, la normalità?

Assolutamente sì. E’ proprio quello che vogliamo trasmettere con il nostro Tour e con lo spettacolo di stasera. Ogni benedetto giorno nel quale si costruisce la vita. Quello che ci è successo è qualcosa di eccezionale. Non sempre ti viene data una seconda possibilità. Noi l’abbiamo avuta e siamo in dovere di portare a tutti questa testimonianza. Per questo Gianluca parla degli incontri, per questo Lemma diventa l’uomo del sì, quel sì pronunciato il giorno del suo matrimonio, un passo che poteva essere normale per chiunque, ma non per lui. Per questo succede il miracolo che Ricky diventa un professore dei bambini, lui, l’alcolizzato.

Un bellissimo significato. Possiamo dire che voi siete la prova vivente che anche nel mondo musicale si possono portare dei valori, senza doversi per forza adeguare a dei modelli? Il vostro pubblico, i giovani, hanno continuato a seguirvi dopo il cambiamento?

Abbiamo perso buona parte del nostro pubblico ma ne abbiamo guadagnato altrettanto, se non di più. Abbiamo giovani, adulti, famiglie intere, gente di ogni età con i quali manteniamo il contatto anche fuori dal palco. Tra loro e noi c’è una trasmissione di energia e pur essendo sfiniti, dopo ogni concerto, ci mettiamo a loro disposizione, per una stretta di mano ed un saluto.

Qual è stata la reazione degli altri componenti della band e dei discografici, come è stata accolta la decisione di Francesco di cambiare stile di vita e musica? Vuoi spiegarlo tu, Gianluca?

Francesco si è trovato a vivere un momento molto difficile. Da una parte c’eravamo noi della band che non capivamo e che pensavamo fosse impazzito, dall’altra la nostra vecchia etichetta, l’agenzia di booking, quelli che ci organizzavano i concerti che ci hanno detto di ritornare appena passata la fase spirituale. Matteo, in particolare, che non vedeva l’ora di ritornare a calcare i palchi europei e statunitensi, con le canzoni in inglese. Invece Francesco si era messo a scrivere in italiano, diceva di non voler rappresentare più il mondo punk ma i valori che aveva nel cuore.  Eravamo frastornati.    

L’hai vissuto come un isolamento, Francesco?

Mi sentivo solo. Ero confuso. Avevo paura ma ero determinato a non mollare, costasse quel che costasse, volevo seguire la strada del Signore, anche a costo di lasciare la musica. Non avevamo più un contratto discografico, sembrava la fine di tutto. Ho preso il coraggio tra le mani e ho parlato ai miei amici, a cuore aperto, perché ho capito che dovevo comunicare, che la felicità esiste solo nella condivisione. La conversione non può essere una cosa privata, dovevo portare questo messaggio anche a loro.

E voi, Gianluca, avete recepito.

Lo abbiamo ascoltato, abbiamo ascoltato le sue canzoni e ci abbiamo ritrovato noi stessi. Erano valide pure per noi. Quando siamo andati alla Universal e ci hanno detto che le canzoni erano anche belle ma che andavano modificate, siamo stati solidali con Francesco, abbiamo visto la sua convinzione e lo abbiamo difeso. Le canzoni non si toccavano. Francesco era disposto a cambiare mestiere, a suonare per la strada piuttosto, ma non a tradire quei valori che voleva esprimere. Poi invece la Sony ha creduto in noi e ci ha pubblicato tutto senza cambiare una virgola.

Si trovano ancora queste realtà, quindi?

Si trovavano. Al giorno d’oggi sarebbe più difficile. Il punto è che per far crescere un progetto musicale  che voglia dire di più, più profondo, ci vuole tempo, ci vogliono risorse. Meglio allora prendere qualcosa di meno qualità, lo si manda in tv, fa visualizzazioni, fra 10 mesi non sarà più nessuno ma non importa. Poi magari cadrà in depressione, nel dimenticatoio, succede anche questo. La musica, alla fine, è lo specchio della società, di questa società mordi e fuggi. Non risponde più alla sua missione ma è un prodotto, una catena di montaggio, tutto deve essere veloce e rapido, come nell’agricoltura intensiva, come nell’allevamento.

 Per questo,Francesco, il vostro messaggio è importante.

Sì, la vita ha bisogno di tempo e tutto ai nostri giorni nega il tempo della vita. Noi siamo i controcorrente, nonostante queste siano cose logiche, basilari. Si sono persi i valori, il trovarsi insieme, le relazioni.

Nella canzone Johnny Cash lo diciamo:”Voglio una musica davvero libera”. Il mondo è molto confuso su cosa sia la libertà. Sant’Agostino diceva: “Sei più ricco se hai meno bisogni”. La libertà è questo, avere meno bisogni.