PIOVE UN’ALTRA CONDANNA DI 4 ANNI A DELL’UTRI. GUARDA CASO A 5 GIORNI DAL VOTO REFERENDARIO
Dopo una condanna definitiva a 7 anni di carcere che Marcello Dell’Utri sta scontando per concorso esterno in associazione mafiosa, ne arriva un’altra di 4 all’ex senatore del Pdl dove è imputato per una presunta frode Iva da 43 milioni di euro circa. È davvero un caso che la sentenza sia arrivata proprio adesso?
Marcello Dell’Utri, dirigente della Finivest e fondatore con Silvio Berlusconi di Forza Italia, nel marzo del 2013 ricevette una condanna in secondo grado di giudizio con pena a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa dalla terza sezione della corte di Appello di Palermo, che lo riconobbe mediatore tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi; sentenza poi confermata nel maggio del 2014 dalla Corte di Cassazione. Adesso al carcere di Rebibbia arriva un’altra condanna di 4 anni sempre per l’ex senatore che lo vede coinvolto in una presunta frode Iva da circa 43 milioni di euro, nell’ambito di una compravendita di spazi pubblicitari televisivi. Dell’Utri, assieme ad altre 8 persone, secondo la Procura di Milano, avrebbe frodato l’erario non avendo versato soldi all’Iva per il valore soprascritto nel periodo che va dal 2005 al 2011. La condanna giunge dal gup di Milano Maria Carla Sacco, con rito abbreviato. Il titolare dell’inchiesta è il pm Sergio Spadaro, che ha avanzato la richiesta del processo a Dell’Utri con le accuse per frode fiscale, omessa dichiarazione dei redditi, bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita. Frode che trova il suo sfogo attraverso gli spazi pubblicitari venduti dai concessionari Publitalia 80 per le reti Mediaset e da Sipra per le reti Rai (non indagate), con l’interposizione di società cartiere (Ics srl) e tramite fatture inesistenti per circa 258 milioni.
È corretto che la giustizia faccia il proprio corso, ci mancherebbe altro, ma quello che viene da domandarsi a molte persone è perché la sentenza su Dell’Utri è stata emessa a così poca distanza dal giorno che i cittadini sono chiamati alle urne per dare il Si o il No al referendum renziano. Stessa domanda vale anche per 13 nomi del Movimento 5 Stelle che sono iscritti nel registro degli indagati per l’inchiesta sulle firme false a Palermo. Guarda caso anche il partito di Beppe Grillo è schierato dalla parte del No, come la corrente di Dell’Utri.
Ci sarebbe molto da riflettere anche su questa cosa e domandarsi se la giustizia è politicizzata oppure no.