Quando la Quotidianità diventa Poesia
Verrà presentato martedì 25 ottobre alle ore 17, 00 presso il Museo Casa di Dante a Firenze “Ritratti di emozioni” di Miriam Cinotti (Attucci editrice). Con l’autrice saranno presenti gli editori Monica e Alessandro Attucci, la prof.ssa Teresa Paladin figura eminente nel panorama della letteratura, coordinerà l’incontro Annalisa Macchia.
Il titolo del libro è un annuncio appropriato delle pagine che precede. Si susseguono infatti in queste sentori di un giovane animo mentre si raccoglie nel guardare luoghi, persone, la propria vita; nel presente e nella memoria; con il sentimento di ciò che sarà. È un libro lirico. Non il lirismo filosofico dei componimenti di Leopardi e d’altro Ottocento né quello esistenzialistico dal pensiero tristemente scarnificato di tanto Novecento. Non è quello tardo-medievale pre-petrarchesco in cui era un’altra filosofia, a volte schermo delle emozioni dei poeti né quello di Petrarca, con le lacerazioni che ci narra del suo spirito irrisolto è di coloro che anche tanto tempo dopo ne sentirono la lezione (si pensi a Shakespeare). Il lirismo di Miriam è un accostarsi a versi antichi. In cui sentimenti di giovani poeti erano tenuti in un grumo intenso di vita. Le frasi del libro sono soprattutto un narrare e un descrivere; senza fermare in incisi che ne diano conto oggettivo il dire del suo io. Sono lacerti della storia di un’anima; a rapide pennellate è affidato lo spiegare la genesi delle emozioni.
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Un testo che ci regala sentimenti e riverberi di sensazioni autentiche scaturite dalla bellezza e naturalezza del quotidiano della poetessa. E se è sicuramente possibile rintracciare nella pubblicazione tratti che rimandano a poeti dell’Otto-Novecento, l’originalità del verso e degli sprazzi di luce ad illuminare l’esperienza di vita sono tutti però originati da Miriam, dal suo sguardo. La poesia di Ritratti di emozioni presenta la vita che scorre e procede. Le immagini depositate nel bagaglio prezioso della memoria non sono cristallizzate in un tempo passato o circoscritte in una dimensione non più vitale: una parte dell’io poetico, dell’anima di Miriam riassapora nel presente antiche emozioni e in questi ricordi riposa, vivacemente immersa nell’eco delle voci che animano figure umane e paesaggi. Il tempo rievocato appare quindi, seguendo la magia di questi versi, non quello del passato, ma sempre quello del presente; è il tempo dell’osservazione, dell’attesa, della contemplazione di ciottoli e sentieri, di antiche pietre. Il cielo, il lago, il colle sono, seppur sempre gli stessi, sempre nuovi. In Ritratti di emozioni l’io della poetessa si abbandona liricamente al desiderio di percepire l’incommensurabile bellezza di quest’infinito che la natura fa trasparire nella sua globalità e la mente si perde in un sogno osservando lo splendore dei biondi campi di grano, le dolci acque del lago.
Le ore del mattino o dell’imbrunire sono preferite in quanto portatrici di odori e colori freschi e dolci: il ridestarsi di alberi e colline rallegra l’animo e riflette il ciclo vitale che ogni mattina il raggio del sole compie per noi. Cogliere la vitalità della natura – che non è soltanto descritta con una pennellata esteriore, di oggetto esterno all’io seppur significativo – è una qualità scritturale distintiva di Miriam Cinotti. Hanno vita i marini abissi di zaffiro, col loro “cuore argenteo” che batte nelle profondità, ma che Miriam sente e la cui vibrazione raggiunge noi attraverso i suoi versi. Gli zampilli lunari, i primi e solenni passi delle stelle, il cielo d’agosto e poi le persone a lei care, sono questi gli elementi costitutivi che incontriamo nella lettura, la gente, quella comune, quella in cui noi ci riconosciamo completamente, gente che parla e ascolta e assapora l’odore dell’estate mentre i bambini si rincorrono sulla battigia. Traspare in tutta la vena poetica della giovane Miriam Cinotti, che in questo breve testo ha raccolto poesie scritte dalla giovinezza in poi, l’adesione all’amore, la fiducia che esso sia una forza potente e rigenerante che ci dà alimento, che si rinnova nel contatto con la natura, quasi che in lei operasse una presenza benevola che ci prende per mano e conduce. In questo contatto col mondo naturale emerge la ricerca di una profonda e solida essenza della vita: certi passaggi hanno un sapore di dannunziana memoria, fanno ammirare l’acqua, le vigne e i vigneti, i segreti dei boschi Senza cedere a forme di sensualismo, i versi mantengono una percezione pura e primigenia della realtà, dove tutto ha significato di vita e invita lo sguardo a sostare. Il percorso poetico di Miriam trova una cifra rivelatrice nell’ultima poesia presentata, Libertà: non un concetto astratto o un’idea utopica irraggiungibile, ma un sentimento che scaturisce dalla sabbia che dona, nell’incedere dei passi, l’emozione di sentirsi liberi. Miriam non concede nulla alle mode trasgressive o disperatamente nichiliste che possiamo talvolta ritrovare nella poesia moderna. La sua è una narrazione lirica agganciata completamente al quotidiano, senza trionfalismi né atti eroici: il semplice pulsare della vita, del cuore dell’uomo ma anche della natura, è presentata con parole e immagini che possediamo noi tutti, ma che la poesia di Miriam Cinotti aiuta a riscoprire in squarci e momenti di palpabile bellezza, di ricerca di un infinito che la natura richiama, dell’amore alle persone presenti o che ci hanno preceduto (vedi la figura di nonno Mario), che il destino ci dona come aiuto nella strada della vita.
Con lo stupore per piccole cose e la commozione nelle emozioni che dà il tempo quando ci si volge. E ha il bisogno del poeta di dircelo. Quello particolare dei lirici.