QUESTA EUROPA UN PO’ SGUALDRINA
Dopo il divorzio del Regno Unito con l’Unione Europea, l’Europa prende le misure e invita la Gran Bretagna ad accelerare i tempi per portare avanti le procedure di separazione, in modo da evitare che sorgano incertezze. Ma esattamente chi aveva soffiato in poppa per spingere la nave britannica fuori delle cattive acque europee, si trova oggi a traccheggiare per vedere la soluzione meno infelice da adottare. La posizione assunta dall’Europa è stata chiarissima, adesso tocca al Regno Unito.
Sembrava dovesse essere un grande progetto quello di creare l’Unione europea (UE), ma se ancora non si è rivelato un fallimento vero e proprio poco ci manca. Le notizie fuggono e s’inseguono, ma una risposta c’è stata ed è quella degli euroscettici britannici che hanno votato a favore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. La risposta degli elettori del Regno Unito al referendum del 23 giugno 2016 sulla Brexit ha fatto eco un po’ in tutto il Continente trovando consensi anche fra euroscettici francesi, olandesi e pure italiani. È stato forse un voto dato di pancia e non ragionato quello britannico che ha comunque causato l’effetto Tsunami in tutta Europa. Le borse sono infatti poi crollate un po’ in tutto il mondo: Tokyo ha chiuso a -7,82%, Seul a -3,09%; e in Europa i listini hanno viaggiato tutti tra il -8 e il -11%. La sterlina è precipitata a picco sul dollaro raggiungendo i minimi storici.
Il sospetto tuttavia che la decisione rilasciata dal popolo britannico potesse scatenare l’effetto – giornalisticamente chiamato – domino è rimbalzato velocemente dappertutto e si è trasformato in apologia: dal Brexit al Frexit per approdare quindi al Nexit e per effetto di cascata giungere anche in Italia, dove già una buona parte della politica è d’accordo a ritirarsi dall’Europa. Ovviamente se ci sono stati questi timori è segno che l’Europa sta vivendo un malcontento generale.
Ma questi non sono stati altro che gli immediati effetti emotivi dei britannici, sicuramente sfiduciati da questa Europa fin troppo burocratica e fin troppo sottomessa allo strapotere tedesco. Effetti guidati sicuramente da un entusiasmo ignaro di cosa avrebbe potuto causare il divorzio dalla UE. E sono bastate infatti poche ore perché la scelta dei votanti sì Brexit mutasse e fosse fatta una raccolta telematica di firme, che sono piovute a cascata al punto d’inceppare le reti, a favore che venisse indetto un nuovo referendum. Anche se comunemente è lecito pensare che parlare di referendum significherebbe parlare di democrazia, fondamentalmente non è una cosa del tutto esatta. Non lo è perché quando alle politiche viene concesso a un cittadino di recarsi alle urne per dare liberamente e incondizionatamente il proprio voto di preferenza alla persona che andrà poi a coprire la carica di Primo Ministro, la democrazia è già stata rispettata, e pertanto questi ha già messo il mandato decisionale per le sorti del suo paese nelle mani di una carica pubblica a cui dovrebbe spettare il compito di assumersi certe responsabilità. L’esperto è il ministro in carica e lo sono i suoi colleghi con i quali si è consultato. Il popolo non può far altro che dar fede a ciò che i mezzi d’informazione gli comunicano e pertanto, se una campagna forse più di disinformazione che d’informazione illude la popolazione che l’uscita dalla Ue significherebbe controllare meglio i propri confini e gestire il peso immigratorio, è scontato che buona parte degli aventi diritti al voto si schieri dalla parte più nazionalista.
Dal punto di vista costituzionale, tuttavia, questo non esclude che il Primo Ministro britannico, David Cameron, che ha rassegnato subito le dimissioni, e quindi chi lo andrà a sostituire, possa decidere di conservare la Gran Bretagna nella UE, pur andando contro la scelta popolare. Ma l’Europa non ha perso tempo a chiudere nuovi possibili negoziati con la Gran Bretagna, in attesa che la stessa faccia le proprie mosse. Anzi la invita ad andarsene in fretta. Il Parlamento Ue ha subito dato il suo messaggio: «La Gran Bretagna ha chiesto il divorzio, ora che se ne vada in fretta e senza pretendere privilegi».
«Nessun trattamento speciale per gli inglesi», ha specificato la Cancelliera tedesca Angela Merkel; e il commissario europeo Jean-Claude Juncker ha confermato: «Inammissibili i tentativi di negoziati segreti».
Insomma, il Regno Unito sembra trovarsi al cospetto di tutte le porte chiuse. L’adozione dell’articolo 50 sembra averlo tagliato fuori da tutto. Staremo a vedere quale sarà la sua reazione.