Ritorna agli Uffizi il quadro “Vaso di fiori” di Jan Van Huysum.
L‘opera è un capolavoro dell’artista olandese, pittore di nature morte di grandissima fama.
Apparteneva alle collezioni di Palazzo Pitti fin dal 1824 quando fu acquistato dal granduca lorenese Leopoldo II per la Galleria Palatina appena fondata.
Per oltre un secolo restò esposto nella sala dei Putti, insieme ad altre nature morte olandesi realizzate dai massimi artisti del ‘600 e ‘700, tra i quali Rachel Ruysch e Willem van Aelst; nel 1940, quando all’inizio della guerra la reggia fu evacuata, il quadro venne portato nella villa medicea di Poggio a Caiano.
Nel 1943 fu spostato nella villa Bossi Pucci, sempre a Firenze, fino a quando militari dell’esercito tedesco in ritirata lo prelevarono insieme ad altre opere per trasferirlo a Castel Giovio, in provincia di Bolzano.
La cassa in cui si trovava il Vaso di Fiori di Palazzo Pitti venne aperta: l’opera trafugata finì in Germania, dove se ne persero le tracce.
Ricomparve solo decenni dopo, nel 1991, poco dopo la riunificazione tedesca: da allora, vari intermediari hanno tentato più volte di mettersi in contatto con le autorità in Italia chiedendone un riscatto. Una richiesta di tale assurdità che recentemente, dopo l’ultima oltraggiosa offerta, la procura di Firenze ha aperto un’indagine: il quadro infatti essendo già di proprietà dello Stato Italiano, non era alienabile né acquistabile.
Qualche anno fa, suscitò scalpore il caso di Cornelius Gurlitt, il collezionista deceduto nel 2014 a 81 anni e figlio del principale mercante d’ arte del Reich nazista. Gurlitt aveva accumulato più di 1.500 opere – il cosiddetto «tesoro di Hitler» – recuperate e sequestrate per la maggior parte nel 2012 in un vecchio appartamento a Monaco di Baviera. Il sospetto fondato era che le opere – capolavori tra l’ altro di Picasso, Matisse, Chagall, Renoir, Monet – fossero state sottratte illegittimamente ai loro proprietari in Germania e nelle zone occupate durante la guerra.
Gli esperti riuscirono a identificare la provenienza illegale di poche tele e la collezione Gurlitt è stata alla fine ereditata dal Museo d’ arte di Berna. Anche sull’ onda di questo caso, nel 2014 il governo tedesco ha restituito al Museo nazionale di Varsavia un dipinto del veneziano Francesco Guardi (1712-1793), depredato dalle truppe naziste nel 1939. In Italia, all’ indomani dell’ 8 settembre 1943, i tedeschi diedero vita al Kunstschutz, uno speciale reparto della Wehrmacht diretto da un colonnello delle SS, il professor Alexander Langsdorff.
Il suo compito era di proteggere il patrimonio artistico della penisola dai danni collaterali provocati dall’ avanzata angloamericana, un intento “nobile” che nascondeva in realtà un secondo fine: la razzia sistematica delle opere presenti sul territorio italiano. Va a Rodolfo Siviero (Guardistallo, Pisa, 1911 – Firenze 1983) il merito di aver salvato molte delle opere trafugate. Plenipotenziario dell’ Ufficio recuperi, istituito nel dopoguerra dal governo De Gasperi, Siviero si recò in Germania a capo della missione diplomatica per la restituzione delle opere d’ arte stipate nei depositi tedeschi.
Rientrarono così in Italia la Danae di Tiziano, appartenente al Museo di Capodimonte ma regalata nel ’44 a Göring per il suo compleanno, l’ Apollo proveniente da Pompei, l’ Hermesdi Lisippo, il Discobolo Lancellotti, la Leda del Tintoretto. Quello delle restituzioni dei capolavori trafugati negli anni Quaranta è purtroppo un capitolo ancora aperto. La speranza è che si facciano ulteriori passi in avanti fino a recuperare tutte le opere trafugate.
Fino a ieri, giorno nel quale il quadro originale di Jan Van Huysum è tornato legittimamente al suo posto negli Uffizi, era esposta una riproduzione in bianco e nero del Vaso di Fiori corredata da cartelli con la scritta “rubato” in tre lingue: italiano, inglese e tedesco e una didascalia spiegava come a sottrarre l’opera alla sua naturale postazione furono soldati della Wehrmacht.
A seguito di un complesso lavoro diplomatico, come racconta il direttore degli Uffizi Schmidt, il quadro è ritornato, dopo 75 anni, nella disponibilità del museo fiorentino.