Un’opinione: gli Stati Uniti sono BUGIARDI?
In questa incandescente situazione mondiale, ad un passo da un conflitto (si spera di no) che potrebbe riguardare il mondo intero, sarebbe opportuno porsi delle domande…
Il presidente statunitense Donald Trump ha dato l’ordine di attaccare e uccidere il generale iraniano Qasem Soleimani, comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane e la persona più influente a Teheran, se non che la figura chiave delle strategie paramilitari. Secondo l’intelligence americana e i generali del Pentagono, il blitz è scattato per arrestare le congiure terroristiche ai danni degli interessi degli Stati Uniti e dei suoi alleati nel Medio Oriente, poiché – secondo quanto rivela il capo della Casa Bianca – il generale iraniano stava progettando nuovi attacchi.
Tenuto conto che possa trattarsi di una notizia vera quella espressa da Trump, non sarebbe scorretto indagare più approfonditamente la questione per verificare se dietro a tutto ciò ci fossero altri motivi e se, casomai, scomode realtà per gli Stati Uniti d’America potessero uscire allo scoperto. S’ipotizza (ma non troppo) che la storia che fino adesso è stato narrata sui banchi di scuola sia, se non proprio una bugia, ma almeno una falsa realtà. Una realtà occultata.
Seconda Guerra Mondiale. Strategie e scopi statunitensi per l’entrata nel conflitto mondiale. Eccoci dunque a fare un passo indietro e a immergerci nel periodo storico che va dal 1939 al 1945, quel periodo in cui il mondo intero (o quasi) ha visto le potenze dell’Asse e gli Alleati contrapporsi fra loro in un conflitto dove persero la vita circa 71.000.000 di persone. Ma a noi interessa in particolar modo l’entrata in guerra da parte degli Stati Uniti, ovverosia il 7 dicembre del 1941. Fino ad allora l’America era rimasta fuori dal conflitto.
Secondo un sondaggio risalente al mese di settembre del 1940, l’88% della popolazione statunitense era contraria all’entrata in guerra da parte dell’America e per di più l’allora Presidente, Franklin Roosevelt, Roosevelt, era stato rieletto per la seconda volta dopo aver concesso una promessa molto vigorosa: che non avrebbe mai spinto i ragazzi americani a combattere nessuna guerra straniera.
Guarda caso, però, che, a poco più di un anno dal sondaggio (7 dicembre 1941) accade qualcosa d’incalcolabile: 350 aerei partiti dalle piattaforme giapponesi (il Giappone faceva parte del Patto tripartito sancito nel 1940 fra Germania, Regno d’Italia e Giappone) colpirono senza alcun motivo la flotta e le installazioni militari statunitensi nella base navale del porto di Pearl Harbor, nell’isola hawaiiana di Oahu, nel Pacifico, causando la morte di 2273 uomini e il ferimento di altri 1119. Dinanzi a quanto accaduto, l’America non sarebbe potuta restare con le mani in mano e trovò persino il consenso da parte dell’intera popolazione. E quindi, gli USA, entrano legittimati nel conflitto mondiale. Peccato, però, che ci siano degli aneddoti.
Dopo 21 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, un atto varato negli USA il 4 luglio 1966, che prese il nome di Freedom of Information Act (FOIA), che concedeva la libertà d’informazione e il diritto d’accesso ai documenti segreti dello Stato, permise a studiosi e giornalisti di accedere a quel materiale scottante e quindi di far emergere una realtà diversa da quella raccontata.
Fossero vere certe scoperte, avremmo modo di renderci conto che gli Stati Uniti avevano tutto l’interesse a entrare in guerra. Uno perché erano certi di poterla vincere, e vincere una guerra può voler dire ricchezza, significherebbe spartizione degli appalti per la ricostruzione dei paesi distrutti, o danneggiati, ci sarebbe la conquista dei territori e quindi la possibilità d’imporre le proprie regole. Altresì, la guerra conviene ai fabbricanti di armi e l’America è sempre stata un’ottima produttrice di armi. Con la guerra le industrie fabbricanti di armi aumentano il proprio profitto, quindi l’economia cresce, cresce l’occupazione, e il benessere economico.
Con il Freedom of Information Act, scopriamo che già dal 7 ottobre del 1940, a pochi giorni dal sondaggio secondo cui l’opinione pubblica bocciava l’idea di entrare in guerra da parte dell’America, pare che negli ambienti politici americani già circolasse un bollettino che contenente un piano secondo il quale fossero poste le condizioni che avrebbero spinto il Giappone a una reazione armata contro gli Stati Uniti. E a firmare tale bollettino pare ci sia stata la mano di Arthur H. McCollum, un alto ufficiale navale americano e membro chiave dell’agenzia di intelligence nel sud-ovest del Pacifico. Questi conosceva molto bene i costumi del Sol Levante.
Caso Attentato Torri Gemelle. Un altro simile colpo alla storia lo dette l’Attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, dove l’intero Mondo Occidentale ne rimase scandalizzato. L’attentato provocò la morte di 2.974 persone e indusse una massiccia indignazione generale nei confronti dell’Afganistan e di Osāma bin Lāden, terrorista saudita, fondamentalista islamico sunnita, fondatore e leader di al-Qāʿida.
Certo è che, anche in questo caso, gli Stati Uniti non sarebbero potuti restare con le mani in mano, era indispensabile scoprirne l’artefice e quindi controbattere. E così è stato fatto; ma, a distanza di anni, dal quotidiano saudita Al-Hayat, che porta la firma di Katib Al-Shammari, esperto legale del governo saudita, pare che le cose siano andate un po’ diversamente. Secondo quanto riporta il quotidiano saudita con sede a Londra, l’attentato dell’11 settembre 2001 pare sia stata un’operazione esclusivamente americana, progettata ed eseguita all’interno degli Stati Uniti.
Caso Gheddafi. Nella questione che stiamo trattando, non poteva certo mancare l’uccisione del Comandante Mu’ammar Gheddafi, anche lui finito sotto i “bombardamenti umanitari”, come osa l’Occidente descriverli. E, secondo la propaganda occidentale, i motivi che hanno spinto gli USA e i suoi alleati a liberarsi di lui e del regime di potere e di relazioni instaurato dal Rais, sono determinati dal fatto che Gheddafi fosse un sanguinario e che uccidesse la propria gente. La realtà, però, pare stia da un’altra parte.
Lo possiamo dedurre dal fatto che il progetto del Rais fosse stato quello di rendere più indipendente il proprio Continente dall’America e dall’Europa, realizzando gli Stati Uniti d’Africa. Mu’ammar Gheddafi voleva ottenere l’indipendenza finanziaria del proprio continente attraverso la costituzione di 3 istituzioni bancarie. Avrebbe creato una moneta indipendente, utile sia per gli stati costretti all’utilizzo della valuta straniera, sia per la commercializzazione del petrolio.
L’obiettivo sarebbe dovuto essere anche quello di formare un Fondo Monetario Africano, che avrebbe avuto sede in Camerun, il quale avrebbe potuto concedere prestiti agli stati africani a condizioni molto più vantaggiose rispetto a quelle del Fondo Monetario Internazionale, estromettendo in questo modo il peso delle banche occidentali da qualsiasi potere decisionale.
Altresì, il programma del dittatore libico aveva ambiziosi obbiettivi perché, oltre alla volontà di investire su moderne infrastrutture che potessero riguardare tutta l’Africa, Gheddafi era disposto a utilizzare le risorse del continente a vantaggio dei popoli che lo abitano, garantendo sanità gratuita. istruzione, una casa per i neo sposi, pane e benzina quasi gratis.
Nel 2007, dopo essersi accordato con i maggiori leader africani, lo stesso Gheddafi commissionò Russia e Cina per la realizzazione e la messa in orbita di un satellite africano, stipulando un accordo che prevedeva una spesa di 400 milioni di dollari. Il satellite sarebbe stato capace di coprire sia la trasmissione telefonica e televisiva, sia la diffusione di internet.
Il satellite, però, andava a mettere fuori gioco un mercato molto importante per l’Occidente, sia dal punto di vista economico, giacché l’Africa è tra i più grandi mercati mondiali di telefonia mobile, fruttando ai proprietari occidentali ingenti quantità di dollari all’anno, sia da quello televisivo poiché, attraverso la propaganda televisiva, gli USA riescono a mantenere i loro uomini al comando di tutti i paesi del mondo, compresi quelli africani.
A questo punto sarebbe necessario domandarsi se il blitz contro Qasem Soleimani avvenuto il 3 gennaio scorso abbia realmente avuto lo scopo di fermare possibili nuovi attacchi contro postazioni occidentali da parte del terrorista iraniano, oppure se vi siano tutt’altre verità che stanno dietro a tutto.