SCANDALO POLITICO. FOSSERO VERE LE ACCUSE DI DI MAIO, SU RENZI E GENTILONI LA LEGGE DOVREBBE INTERVENIRE SUBITO!
di Roberto Fiordi
Sono forti le accuse lanciate dal Vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, nei confronti del segretario PD, Matteo Renzi, e dell’attuale Capo di Governo, Paolo Gentiloni.
Secondo quanto riportano le dichiarazioni del deputato del Movimento 5 Stelle, pare che nel 2014 Renzi, l’allora Presidente del Consiglio, e Gentiloni, che ricopriva la carica di Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, abbiano accettato e autorizzato gli sbarchi esclusivamente nei porti italiani, in cambio di flessibilità europea per essere in grado di far fronte ai famosi 80 euro di bonus promessi da corrispondere ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore ai 26 mila euro. Una manovra per arrivare a vincere le elezioni europee…
È Di Maio stesso a sostenere di fronte a giornalisti, microfoni e cineprese di avere incontrato l’agenzia che si occupa della sicurezza delle frontiere italiane dell’Unione Europea (Frontex), e che da questo incontro è venuto fuori che l’Italia ha accettato e autorizzato gli sbarchi degli immigrati esclusivamente nei propri porti.
«[…] Ci chiedevamo come mai», ha proseguito a dire Di Maio nell’intervista, «in Italia in un solo anno arrivassero 180mila migranti e in Spagna soltanto 8mila, e adesso abbiamo capito il perché. Renzi ci ha venduti come Nazione per 80 euro. Ha autorizzato l’utilizzo dei porti italiani per gli sbarchi dei migranti in cambio di flessibilità europea per dare i suoi bonus […]».
La soluzione del Movimento 5 Stelle, per bocca chiaramente l’onorevole Di Maio, sarebbe quella di trattenere i versamenti che l’Italia eroga per l’Unione Europea, dal momento che i membri della stessa hanno fatto scena muta di fronte alla richiesta di aprire anche i loro porti per accogliere migranti lasciando intendere – di conseguenza – che l’Europa ci ha buttato fuori, e utilizzare i soldi del contributo per finanziare il rimpatrio di tutti i migrati che si trovano in Italia per scopi economici e dare un’accoglienza dignitosa a coloro che fuggono dalla guerra.
È palese che, qualora le accuse del grillino Di Maio risultassero vere, i presunti colpevoli non solo dovrebbero venire radiati dal mondo della politica, ma dovrebbero pure rispondere penalmente di fronte alla legge. Qualora, però, così non fosse i responsabili di infondate accuse dovrebbero assumere personalmente le dovute responsabilità. Quello che conta è che la giurisprudenza si metta in azione quanto prima per fare i dovuti accertamenti.
L’accusa del Vicepresidente della Camera è qualcosa di assolutamente grave; doversi ritrovare un Paese come l’Italia, che conta tassi di disoccupazione elevati e d’inattività idem, a dover dare accoglienza a chiunque per dare modo, come ha sottolineato Di Maio, al PD di vincere le europee è un qualcosa di assolutamente vergognoso.
Se dunque, come ha detto l’onorevole, il PD per mantenere la promessa del bonus ha dovuto fare ingiudicabili accordi, ci dovremmo chiedere noi come possa fare il partito pentastellato, qualora si trovasse a governare il Paese, per rispettare uno dei suoi cavalli di battaglia che riguarda il cosiddetto “reddito di cittadinanza”.
A lavorare su questa manovra, all’interno del Movimento 5 Stelle, senza ombra di dubbio ci sono intellettuali seri, professionali e preparatissimi, ma secondo il mio punto di vista sarebbe un provvedimento che potrebbe avere la durata di qualche anno soltanto, perché nonostante tutti i conti che possono avere fatto su come recuperare i soldi sufficienti a soddisfare la manovra in oggetto, l’Italia non è un pozzo senza fine e perciò prima o poi ci potremmo ritrovare ancora più sotto.
Senza dubbio il reddito di cittadinanza è una trovata geniale, ma in questo modo si rischierebbe pure che la parabola che indica il tasso di disoccupazione s’impenni ancora di più…
Ancora oggi ci sono famiglie composte da un nucleo di tre o quattro persone che vivono – se pure in maniera piuttosto misera – con un monoreddito che può andare dai 1300 euro sino ai 1500. Se la proposta del Movimento 5 Stelle entrasse in vigore potrebbe essere l’occasione giusta perché non si cerchi più lavoro o si lavori a nero, in modo che anche l’azienda che assume abbia meno aggravi fiscali.
Dal mio punto di vista sarebbe necessario aumentare l’occupazione, facilitare le assunzioni e sgravare pure le aziende dalle troppe tasse che gravano su di esse e che le portano alla chiusura. Quando un’azienda chiude vuole dire aumentare la disoccupazione. Vuole dire aumentare il rischio di povertà. Vuole dire diminuire la domanda interna.
Non sarebbe sbagliato, dal mio modo di vedere, prendere in considerazione la manovra del neo presidente statunitense Donal Trump, secondo cui la tassazione alle aziende non deve superare il 15%. Una manovra che l’Italia ci potrebbe arrivare gradualmente, iniziando – come aveva proposto anche il Movimento 5 Stelle – dalla riduzione dei Parlamentari.
Sarebbe altresì importante che lo Stato ritorni a essere “Titolare” di imprese che ha passato in mano al privato e che allo stesso tempo la persona chiamata a gestire tale attività economica d’impresa abbia l’obbligo di assumersi il cosiddetto “rischio d’impresa“, con le dovute responsabilità e giuste retribuzioni.
La responsabilità del rischio d’impresa dovrebbe essere un qualcosa che andrebbe insegnato già a partire dall’istruzione scolastica, dove sarebbe opportuno educare i nostri ragazzi verso tali direzioni.
E a proposito di scuola, altre due cose che introdurrei sarebbe l’obbligo di cantare ogni mattina, prima dell’inizio della prima lezione, l’Inno Nazionale Italiano. Una forma per socializzare fra noi stessi e sentirci più uniti al nostro Paese. E l’obbligo si deve estendere anche per coloro che provengono dall’estero, perché se avessero intenzione di vivere in Italia sappiano che sono costretti a cantare il nostro Inno Nazionale.
La seconda cosa che metterei nelle scuole, sempre prima dell’inizio della lezione, e poi concludo, sarebbe quella di recitare il Padre Nostro. Non si deve sentire come un obbligo religioso, bensì un nostro costume che andrebbe mantenuto dal momento che il popolo italiano in maggioranza – almeno per adesso – è cristiano. Ovviamente chi non si sentisse di recitare il Padre Nostro può restare seduto ma in silenzio sino alla fine.